Sometimes it happens…

Capita…
Capita che a volte delle persone facciano parte della tua vita per un periodo, e che quel periodo volga prima o poi a una fine.
Si pensa che certi punti di riferimento non smettano mai di esserci, eppure qualcosa poi nel giocattolo perfetto si rompe, e ti ritrovi obbligato a ricalibrare una bella fetta della tua vita.
Me ne sto facendo piano piano una ragione. Me la sto mettendo via.
Ma non è così facile, con persone con le quali hai condiviso così tanto in passato.
Fino a poco tempo fa pensavo fossero quel faro che nel bene o nel male ti riporta sulla spiaggia, quando ti trovi smarrito alla deriva.
Poi qualcosa è cambiato. Ho cercato di comprendere cosa stesse cambiando, per riavvicinare le parti, per trovare quella via di mezzo o compromesso che permettesse di mantenere le cose come stavano, cercando di ristabilire un equilibrio ormai perso. Niente, più ci provavo, più le cose peggioravano.
Ora, non mi interessa più nemmeno capire se son cambiato io o se son cambiati loro. Forse sono successe entrambe le cose. Ma non conta, non più, almeno. Anche alla delusione, che ormai mi accompagna da mesi, si sta sostituendo un totale disinteresse per la questione.
Forse perchè ti rendi conto che lottare contro i mulini a vento è inutile.
Alla nostra età si prende ognuno la propria strada. Cambiano gli interessi, cambiano le esigenze, cambia la stessa definizione di rapporto, sia di coppia che di amicizia. Forse è inevitabile, ma ho sempre creduto che alcune certezze sarebbero rimaste.
E qualcuna è rimasta, certo, e quei rapporti si fanno sempre più solidi.
Per altri ti rendi conto che erano solamente interessati, viziati, dettati da motivazioni che non vanno oltre la comodità di avere qualcuno con cui uscire, svagarsi e divertirsi, o qualcuno che quando hai un problema magicamente te lo può risolvere a gratis.

Chi non ha alternative forse può rimanere nella mediocrità di rimanere agganciato agli altri solo perchè non c'è niente di meglio da fare.
Fortunatamente per me io le alternative le sto sperimentando, e offrono molto di più di quanto potessi immaginarmi. Persone più mature, con le quali si può far di tutto, dal cazzeggiare al discutere dei più disparati argomenti, anche oltre agli interessi personali. Che danno un valore ai rapporti tra le persone, allo stesso concetto di amicizia. Che non passano la serata con l'imperativo egocentrico di rimorchiare, quasi che ogni buco fosse trincea come in guerra, ma che rispettano l'altro. Che ritengono i rapporti tra pari sacri e che non li metterebbero mai in discussione per nessun motivo.
Prima viene il gruppo, prima i legami che ci tengono uniti. Poi l'individualità.
Questo è il concetto di amicizia che inseguivo. Quella genuina, nella quale puoi pensare ad alta voce senza timore di essere giudicato, quella in cui puoi parlare e anche criticare qualcuno senza essere attaccato per difesa, quella nella quale qualsiasi esperienza è utile per migliorarsi.
Non credo nell'utilitaristico "l'amico si vede nel bisogno". L'amico c'è sempre, nel bisogno ma anche no, anche solo per il piacere di stare insieme. Gli amici si cercano tra loro e anche nella distanza fanno di tutto per restare uniti. E gli amici mettono il loro rapporto davanti a qualsiasi prerogativa personale, di qualunque genere essa sia.
Solo in rapporti come questi riesco a stare bene. Non so se sia perchè soffro di altruismo radicale, una brutta rogna che alla lunga ti porta a mettere le tue prerogative dopo, molto dopo quelle dell'altro, finendo così regolarmente per prendermela in quel posto piuttosto anche solo di rischiare di fare del male.
Chi ha la sfiga di avere un egoindex altissimo composto solo di risposte pari, o si cerca qualcuno con la stessa "malattia" o rischia di essere "usato" come supporto, e poi messo da parte…

Mi son dilungato molto, sicuramente troppo, ma almeno credo di aver espresso in maniera chiara il mio pensiero, pensiero che sto elaborando da molto tempo e che sta giungendo a una conclusione.
Conclusione? Si.
Cambio aria, appena posso. Già volevo trasferirmi lo scorso ottobre, ma non ero motivato come ora, e volevo stare vicino a una persona cara. Ora, se potessi, partirei prima di subito. E senza rimpianti.
Ora lo so, chi conta davvero non percepirà la distanza che ci separerà, dato che sarà solamente fisica. E chi non conta, non sentirà minimamente la mia mancanza.

Frailty

Non ho una gran voglia di scrivere. Avrei talmente tante cose da dire sull'ultima settimana che me ne passa del tutto la voglia. E poi sono stanco, voglio riposarmi un pò, almeno una notte, dopo una settimana vissuta “a buso”.
Dunque lascerò che sia qualche altro a scrivere…

La fragilità non è all'origine della cattiveria e della volgarità. Non è la fonte del male. Anzi la percezione del proprio limite porta a considerare e a capire il limite degli altri. La violenza è data dalla constatazione di non essere forti come si vorrebbe, dalla delusione di non avere ottenuto il successo a cui si pensava di aver diritto. Lo scarto tra il desiderio di potenza e la cronaca scatena la furia e pulsioni che annientano, oltre alla vittima, anche la propria umanità, poiché questo non è un uomo.
L'uomo fragile non è mai violento.
C'è chi uccide ogni giorno e poi una volta salva una vita e lo fa per mostrare il coraggio e l'eccezzionalità dei gesti. Questo non è un uomo.
E' solo attraverso le piccole cose che si scopre l'uomo, nella comprensione di ogni giorno, nel poter guardare in viso l'altro da sé e coglierne i segni del dolore visibili in un'espressione che sa di fine, mentre si chiede inutilmente perché ancora dolore. Una domanda che rimanda alla paura.
Se non si conosce il perché del dolore, tutti i perché, di qualsivoglia origine, finiscono per disegnare un mondo di mostri, in cui si è vittima inconsapevole di un destino che è in mano all'ignoto. E allora l'uomo diventa un mostro guidato da un mistero fatto di mostri.
C'é un dolore talmente forte che persino i pensieri fanno male e ogni considerazione sanguina. La vita diventa un torrente insanguinato e ogni affermazione è dolorosa e produce dolore.
Non è possibile consolarsi se si è avvolti da questo mondo impaurito. Occorre che ci sia un uomo vicino che ricordi che anche dopo un temporale che ha sradicato un villaggio uscirà il sole e risplenderà la luce, e che gli uccelli cinguetteranno e la vita continuerà.
L'uomo del dolore, della fragilità, l'uomo della comprensione, l'uomo della consolazione.
Questo è un uomo, questo forse è l'uomo.

E io non amo il potere, l'ho sempre sfuggito, e quando mi ci avvicinavo, sentivo un terrore che mi faceva scappare e mi riportava a iniziare una strada nuova lasciando quella che faceva intravedere il successo e l'encomio, che sono ancelle del potere.
Cerco un dio della fragilità, un dio minore che sappia capire e amare, ascoltare e aspettare vicino a me che temo la solitudine e il dolore, nel deserto, nel mio deserto.
Un dio piccolo che aiuti con la propria paura, che affermi che questo mondo è malato e quest'uomo non è un uomo. Questo è Dio.
Non posso condividere lo stesso dio dei despoti, di chi non mi vede e non mi sente quando piegato mostro il mio costato tappezzato di macchie di dolore. Voglio un dio che abbia paura della morte anche se eterno.
Non voglio un dio che si erga nella giustizia assoluta, nella potenza illimitata, nella intelligenza soma e perfetta, tanto da non essere perfettibile. Sarebbe un dio che non conosce i sentimenti, l'angoscia dell'errore, la voglia di accarezzare mentre si produce un lamento di dolore.

L'uomo di vetro, Vittorino Andreoli

This is not our time…

E' appena una settimana che è passata l'adunata a Bassano, eppure sembra sia passato un secolo. Tutto è tornato esattamente come prima, si è ripresa la vita di tutti i giorni, a studiare per preparare l'esame fatto ieri. E se all'adunata ho sperimentato cosa voglia dire cadere rovinosamente a terra correndo un pò sbronzi in discesa, rovinandomi un dito della mano, ieri ho scoperto che fare un esame dopo essersi sbronzati la sera prima non è così male.
Che poi… non è che abbia bevuto tantissimo, ma ero del tutto storto! Chissà poi come mai :p
Poi ieri dopo l'esame son rimasto giù a Padova con gli altri dell'università, e ho passato una piacevole serata tra amici.
Ci sono amici e amici. Quelli con cui puoi parlare del più e del meno, ma son sempre discorsi superficiali.. amici con i quali senti che non puoi essere te stesso al 100%, con i quali non riesci ad aprirti del tutto. E amici con cui ti senti talmente in sintonia che qualsiasi cosa passi loro per la testa la senti pure te.
Una volta queste sensazioni le provavo pure a casa. Ma ora no, tranne che con qualcuno. E non so se con queste persone di fatto appena conosciute sarà sempre così, ma per ora mi basta. Non so nemmeno se son cambiato io o se siano cambiati i vecchi storici amici e le reciproche esigenze, ma non mi importa. Per ora mi basta. Sto cercando la mia dimensione, delle persone con cui star davvero bene, e qualcuna l'ho trovata.
E qualche altra forse, e non così distante. Ci conto, ci spero. Madonna che serie di pensieri per la testa… anche ieri sera, nonostante fossi in un posto, la mente era totalmente altrove.

Il discorso ieri sera è caduto alla fine su Ligabue, e su come molte sue canzoni siano decisamente rappresentative della nostra vita.
E all'improvviso mi è venuta in mente non è tempo per noi, e in particolare una strofa…
se per ogni sbaglio avessi mille lire, che vecchiaia che passerei!
Non me la levo dalla mente sta canzone, e non solo io!
Di sbagli ne facciamo tanti… pare che funzioniamo per prove ed errori. Poi dicono che sbagliando si impara, ma com'è che imparare è così difficile?
Forse non vogliamo imparare. Forse ci piacciamo così.
O forse ci facciamo troppi problemi nel ricordare i vecchi sbagli, al punto che non riusciamo a studiare soluzioni migliori alle cose che ci capitano tutti i giorni.
Non so se ci siano risposte a queste domande. Spero di trovarle, un giorno. Non è tempo per noi, e forse non lo sarà mai… ma io conto di farcela un giorno, a essere a tempo…