Incatenati a un ruolo
Dunque.
La sessione di esami è finita ormai da due settimane, è andata decisamente bene, mi sto riposando, martedi si ricomincia a studiare per gli esami di settembre e a scrivere la tesi, che voglio sia non una normale tesi di laurea ma qualcosa che "rompa" gli schemi e che soprattutto serva a qualcuno.
Quindi, com'è che è un mese che non scrivo niente?
Dovevo riordinare le idee, riflettere, pensare. Esattamente quello che tanti evitano di fare perchè "è difficile" ed è meglio affidarsi al mare della casualità della vita senza decidere nemmeno come orientare le vele.
Quante cose sono successe in un mese… Sono tornato al mio paesello, sto finalmente vivendo una estate con i miei amici ritrovati… quante persone mi si sono appoggiate alla spalla chiedendomi un supporto e di potersi sfogare… quante persone stanno cambiando, stanno trovando la forza di ridisegnare la loro vita riprendendola in mano dal punto in cui avevano smesso di vivere continuando pur a esistere… e quante persone trovano ancora interessante ripercorrere la stessa strada che hanno già fatto, sperando che porti a una destinazione diversa da quella precedente…
Ma una strada non cambia. E' quella, parte da X e arriva a Y. Se la ripercorri pari pari, puoi arrivare solo a quella Y che hai già visitato. Puoi fare solo una scelta, cambiare strada. Cambiare ruolo.
Ho inserito come chiave di ricerca "giochi di ruolo" perchè volevo metterlo come titolo, e sono arrivato a [url=http://iow.no-ip.com/index.php?entry=entry100102-190254]QUESTO[/url] post. Da rileggere, se non si ricorda il contenuto… Incredibile come alcuni passaggi siano attualissimi come se li avessi pensati due minuti fa in macchina, e invece li ho scritti come augurio di buon anno.
"Mai provata la sensazione di non avere nessuno scopo? Di non sapere dove stai andando? Di trovarsi in mezzo a un mare, in balia delle onde, senza intravedere lontanamente la terraferma?
Identità. Sai veramente chi sei? Sai veramente cosa ci fai qui?"
Sto pensando a quella persona che qualche settimana fa mi ha chiesto di dirle che è depressa. Cioè, aveva già scelto, aveva già deciso il suo ruolo di malato, e voleva una conferma. Cosa mi costava dirle "si, sei depressa!"?
E l'ho fatto, conscio che era quello che in quel momento serviva. Ma spiegando che non è così. Che è un ruolo terribile, una scelta drammatica, e contemporaneamente una diagnosi incatenante che se presa nel modo sbagliato altro non fa che giustificare la condizione e renderla immodificabile.
La domanda non è sai veramente chi sei, cosa ci fai qui. La domanda deve essere "chi vuoi essere?".
O piuttosto una esortazione: CAZZO, DECIDI CHI VUOI ESSERE, e che sia la volta buona!!
Perchè abbiamo il diritto e il dovere di decidere chi vogliamo essere.
Se non ce lo concedono, abbiamo il diritto di lottare per conquistarcelo.
Ma abbiamo anche il dovere di farlo, altrimenti abdichiamo a noi stessi nella nostra totalità.
E qui mi ricollego a tantissime altre situazioni che vedo giorno dopo giorno… specie tra i miei coetanei.
Nel momento in cui dici "sono fatto così", vuol dire che ti va bene, e basta. Altrimenti lo cambi! Non è impossibile cambiare, anzi, se lo vogliamo ma ci giustifichiamo dietro il "sono fatto così", ti metti in prigione da solo, e ti condanni a ripetere a vita la strada già percorsa, gli errori del passato, le disavventure che hai subito. E non si parla di ripeterle una, due, cento volte. Ma all'infinito, per sempre.
Non mi pare una grande scelta…
Gli psicoanalisti la chiamano "coazione a ripetere". Tentativo di ripercorrere la stessa strada per cambiarne la destinazione. Ma non siamo in un sogno, la destinazione non cambia con un abracadabra. Rimane quella.
Io lo considero un ruolo scelto, disfunzionale. E' una scelta, lecita per carità. Ma non pensare di essere Mago Merlino, perchè che il lupo diventi amico dei tre porcellini succede solo nella fiaba più stramba di questa terra. E nemmeno in quella originale che ci raccontano da bambini.
Non si può cambiare il mondo magicamente, non si possono forzare le persone a essere come vogliamo noi, come se nel momento in cui le vedessimo in un certo modo esse si trasformassero da Ranocchi a Principi. Ma possiamo scegliere di accettare che il mondo duro è lì e che quello che possiamo cambiare è il nostro modo di rapportarci ad esso.
Appunto decidendo quale è il nostro ruolo in un dato frangente, almeno per quello che ci compete.
Quindi… se hai fatto delle scelte azzardate, se hai fatto spese pazze, preso decisioni d'impeto confidando nel momento propizio, e quel momento è passato come ogni altro momento… O ti giustifichi dicendo "bene, le cose vanno male, mi deprimo e mi butto dal ponte", o giri le vele e inizi a remare, scegliendo tu la destinazione. Tanto, se ti deprimi e ti butti dal ponte, non è che come per magia le cose si sistemeranno. E' una scusa, rimane tale e non serve a star meglio. L'unico modo per star meglio è darsi due pedate nel sedere e ripartire. Se poi non ci si riesce, ci penserà un amico a farti da bastone per riprendere a camminare, o a darti quelle benedette pedate!
Quindi… se una storia è finita, crogiolarsi nei ricordi e nel tempo andato, come se si potesse bloccare il tempo a prima che quella storia finisse, non funzionerà. Il tempo non si arresterà: l'unica cosa che si arresterà sarai tu, il tuo tempo, il tuo spazio e tutto il tuo mondo. Ma non saranno il mondo in cui vivi, quello è là fuori, e continuerà per la sua strada. L'unica scelta funzionale è: due pedate sul sedere e via, che il mondo non è finito, anche se in quei momenti lo pensi. Hai il diritto di continuare a vivere: fallo. E vivere non è semplicemente esistere, è radicalmente diverso dal vegetare.
Quindi… se continui a ricadere nelle stesse vecchie situazioni, che dovresti esserti lasciato alle spalle e da cui dovresti esserti vaccinato, vuol dire che in fondo non ti dispiace. Ma se ti dispiace, sapendo che le strade non cambiano destinazione, puoi solo decidere di percorrerne altre. Di cambiare radicalmente. Senza stravolgersi, ma andando a incidere su quegli aspetti di te che ti fanno star male. Nell'infinità delle vie da percorrere, ostinarsi a operare sempre la medesima scelta che si è già rivelata disfunzionale, non porterà ad altro che a riprovare la medesima sofferenza. E se non sei un masochista, perchè perseveri?
Chi ci ha raccontato da bambino che la vita è facile, e ce lo rammenta tutt'ora oggi, come la società del cazzo in cui viviamo, le fiabe, le veline della televisione, ci ha mentito, ci ha imbrogliato. Tant'è che poi riecheggia la frase: e chi ha detto che è facile? Nessuno vuole prendersi la responsabilità di questa balla colossale.
Non è facile, ma crearsi nel modo migliore per sè e per gli altri può dare la soddisfazione necessaria a trovare ogni giorno la grinta per continuare a vivere ed essere felici, anche quando effettivamente ce ne capitano di tutti i colori. Anche quando il cielo è nero e pieno di nubi, può farci ricordare che dietro a quelle c'è comunque il sole, che non è vero che il sole "non c'è".
Credeteci, non posso dire altro. Non ho doti taumaturgiche nè mi considero un sapiente.
Posso solo dirvi che questa ricetta ha salvato un "depresso", l'ha trasformato e l'ha riempito di voglia di Vivere.
E non mi pare una cosa da poco…