La verità è una scelta
La verità non esiste. Esistono solo storie.
Storie che possono essere più o meno comprese, più o meno accettate, più o meno condivise. Ma sono sempre parole, parole su una realtà che di per sè non c'è. Parole che creano quella determinata realtà, sia per quello che dicono, sia per come lo dicono.
Quindi, se la verità non esiste, esistono solo scelte. Scelte che creano quella realtà che noi scegliamo di considerare reale.
Ma scelte di questo tipo non sono facili. Richiedono riflessione, richiedono uno sforzo, fatiche che nella vita di tutti i giorni cerchiamo di evitare, abdicando a quello che è un nostro diritto fondamentale, quello di scegliere chi siamo, di scegliere chi vogliamo essere e di determinare il nostro futuro, e quindi la nostra storia.
Qualche istante fa pensavo che il peso di essere coerenti è molto alto, ma quello di non esserlo sarebbe altissimo: non si riuscirebbe più a guardarsi allo specchio.
Questo per dire che nel momento in cui si fa una scelta ci si espone al giudizio del pubblico, che non è scontato nè prevedibile. Troppe sono le variabili in gioco, e non è nemmeno pensabile di poter trovare una causalità in tutto ciò senza andare a influire anche nel momento stesso in cui ci si pensa. Povero Heisenberg, lo chiamiamo sempre in causa.
Questo però vuol dire anche non abdicare alle proprie scelte e alle proprie convinzioni in modo acritico, rinunciando a quello che si è. Riusciresti a guardarti allo specchio con i tuoi occhi e ad accettare di aver buttato alle ortiche la possibilità di decidere chi sei?
Confrontarsi non implica accettazione incondizionata delle idee altrui. Come coerenza non implica mancanza di confronto.
Piuttosto, per una persona che crede nel confronto, il non accettare il confronto è una mancanza di coerenza non solo verso gli altri, ma anche verso sè stessi.
Posso comprendere quello che l'altro mi dice, le teorie sulla realtà che mi offre. Ma questo non implica nè che io lo accetti, tantomeno che lo condivida.
Il comprenderlo è il primo passo, che eventualmente spiana la strada agli altri due, ma senza necessariamente implicarli.
L'accettare è una cosa meramente soggettiva, è quell'atto che implica il reputare le idee dell'altro esattamente all'altezza delle tue, nè sopra nè sotto. Il parlare qui di apertura mentale è una emerita cazzata: ci sono troppe categorie da prendere in considerazione, è troppo semplicistico rifarsi all'apertura mentale o alla morale personale.
Io posso comprendere perchè una persona si comporti come uno stronzo, ma questo non implica che io lo accetti.
Posso comprendere anche che un pedofilo si comporti come tale, ma non per questo approvo, quindi accetto, il suo comportamento.
Il condividere lo reputo ancora meno scontato. Deve superare gli altri due scalini.
Posso infatti comprendere le tue idee politiche, posso anche accettare che tu le abbia e che in virtù di queste tue idee ti comporti in un determinato modo. Ma non è detto che io le condivida, e non mi sento costretto, benchè io accetti che tu le reputi valide, a condividerle.
Posso comprendere la tua religione, posso accettare senza problemi che rifiuti un mio invito a cena perchè il piatto forte della serata è un maiale arrosto. Vedrò al limite di invitarti un'altra volta quando sarà a base di pesce… Ma questo non implica che io mi converta e condivida con te la tua scelta di non mangiare carne suina.
Posso comprendere la tua teoria, sforzarmi di afferrare i presupposti che ti portano a creare in un determinato modo la tua realtà. Posso accettare senza alcun problema che tu la pensi così, che la reputi valida e assoluta, ma non per questo la condividerò acriticamente. Anzi, è solo dal confronto reciproco, e quindi dall'interazione, che possono scaturire le alternative, e che quindi possono aprirsi le finestre delle possibilità infinite. Che sono possibili, ma non abbiamo ancora scoperto.
Quindi, libertà assoluta di scegliere. Accetto ma non condivido la posizione di chi si pone come un semidio, e allo stesso tempo scelgo di provare per tale individuo pena.
Potrà scagliarmi un fulmine sulla testa, come faceva Zeus dall'Olimpo, ma non per questo riuscirà con la forza a convertirmi alla sua religione. Che ha tutto il diritto di esistere, come del resto ha ragione di esistere anche la mia.
Siamo esattamente sullo stesso piano. Solo dalla possibilità di accettare tale posizione di libertà, bilaterale, può nascere un confronto che può portare anche alla condivisione.
Posso comprendere la tua posizione, posso accettarla, ma non è detto che la condivida.
Posso comprenderla, e se ognuno di noi accetta quella dell'altro può essere che riusciamo anche a condividere qualcosa. Ma non è scontato.
Qui si gioca la possibilità di scegliere.
Non abdicare al diritto di scegliere per sè. Non abdicare alle proprie idee, alle proprie convinzioni, alle proprie teorie in modo automatico solo perchè l'altro è un figo.
Non abdicare alla possibilità di accettare la posizione dell'altro. Perchè solo dalla comprensione e dall'accettazione della molteplicità delle realtà può nascere una condivisione.
Se non lotto per poter esercitare tale scelta, se butto alle ortiche questa possibilità che mi spetta di diritto, quella di scegliere… ecco, divento un quaquaraqua, un pinco pallino qualunque, una persona che segue la massa senza pensare.
Forse la mentalità dominante oggi è questa: scegliere è fatica, esporsi è pericoloso, è molto più semplice fare la pecora, seguire il gregge e sentirsi accettato perchè si pensa tutti alla stessa maniera, cioè non si pensa.
Ma la storia ci insegna che le conquiste, l'imporre con le forze il proprio credo, non funzionano, almeno non per sempre. Gli imperi non durano.
Le alleanze, il conoscere l'altro e accettarlo, dandosi la possibilità di costruire un regno insieme, fanno stare meglio tutti. E durano, invece, spesso per sempre.