Futuro e speranza

Se l’anno scorso l’ho passato in comunità a studiare la psicosi nelle sue forme più varie e distruttive, e negli ultimi anni ho potuto osservare i disturbi di personalità nella cerchia delle amicizie e degli affetti, quest’anno l’ho iniziato invece navigando nel mondo dei nevrotici.
Per varie ragioni. Ma, principalmente, perchè voglio esplorare tutti i possibili contesti, cercare di conoscere ogni mondo, prima di fare come molti altri colleghi e lanciarmi in diagnosi spesso senza né capo né coda. A cominciare dal Paese in cui vivo.

“I nostri avversari ci accusano e accusano me in particolare di essere intolleranti e litigiosi. Dicono che rifiutiamo il dialogo con gli altri partiti. Dicono che non siamo affatto democratici perché vogliamo sfasciare tutto. Quindi sarebbe tipicamente democratico avere una trentina di partiti? Devo ammettere una cosa – questi signori hanno perfettamente ragione. Siamo intolleranti. Ci siamo dati un obiettivo, spazzare questi partiti politici fuori dal parlamento. I contadini, gli operai, i commercianti, la classe media, tutti sono testimoni… invece loro preferiscono non parlare di questi 13 anni passati, ma solo degli ultimi sei mesi! E chi è il responsabile? Loro! I partiti! Per 13 anni hanno dimostrato cosa sono stati capaci di fare. Abbiamo una nazione economicamente distrutta, gli agricoltori rovinati, la classe media in ginocchio, le finanze agli sgoccioli, milioni di disoccupati.. sono loro i responsabili! Io vengo confuso… oggi sono socialista, domani comunista, poi sindacalista, loro ci confondono, pensano che siamo come loro. Noi non siamo come loro! Loro sono morti, e vogliamo vederli tutti nella tomba! Io vedo questa sufficienza borghese nel giudicare il nostro movimento… mi hanno proposto un’alleanza. Così ragionano! Ancora non hanno capito di avere a che fare con un movimento completamente differente da un partito politico… noi resisteremo a qualsiasi pressione che ci venga fatta. E’ un movimento che non può essere fermato… non capiscono che questo movimento è tenuto insieme da una forza inarrestabile che non può essere distrutta… noi non siamo un partito, rappresentiamo l’intero popolo, un popolo nuovo.”

Ora, se non l’avete già letto in altri posti, e in quel caso avete già la soluzione, provate a immaginare chi ha fatto questo bel discorsetto.
Sembra decisamente un italiano, un rivoluzionario, forse d’altri tempi ma anche no, in ogni caso una persona che, per quello che ha detto, molti voterebbero. In una parola, Beppe Grillo.
Nonostante le strenue difese di molti suoi sostenitori, senza un arringatore di folla come lui, col cavolo che il suo movimento prendeva il 25% dei voti alle ultime elezioni. Ancor peggio sarebbe andata se come leader ci fosse stato Casaleggio che, senza citare il suo passato un pò scomodo (google aiuta in questi casi) ha profetizzato una nuova guerra mondiale nel 2020. Proprio quello di cui abbiamo bisogno, eh.
E tutto questo, alla faccia della cosiddetta “democrazia liquida”.
Forse sarebbe il caso di dire “liquefatta”, visto che il discorso sopra appartiene al signor Adolf Hitler, pronunciato di fronte alla nazione nel 1932. Come dire, ottant’anni buttati nel cesso, ottant’anni bruciati dai fiori di loto.

Qual’è il punto?
Grillo, e i suoi sostenitori, hanno portato avanti un concetto a loro difesa nell’ultimo anno: meglio un salto nel vuoto con lui che la situazione attuale, meglio lanciarsi nel vuoto che scegliere nuovamente uno dei “soliti”, tutti “uguali”.
Certo, un bel cambiamento. Peccato che da un salto nel vuoto si possa uscire, nella peggiore delle ipotesi, solo con le ossa rotte. Perchè forse vivere da vegetali è peggio che crepare.
Segno comunque della mancanza di fiducia nel futuro. Che la speranza è morta.
Ora, da un punto di vista più clinico, la mancanza di fiducia e di speranza permanenti sono indici spesso inequivocabili di depressione. Quindi l’Italia sarebbe depressa. E non a caso, credo, la crisi economica viene definita anche come “depressione”.
E dalla depressione, oltretutto, molti cercano conforto nella morte. Tanto vale buttarsi giù dal burrone allora, fare un salto nel vuoto.

Credo di essere stato sufficientemente provocante. O forse no?
Ma allora, come combattere questo vissuto di morte anticipata? Credo, sperando di non sbagliare, che sia proprio la speranza, la fiducia, l’atteggiamento da nutrire. Nutrire proprio nel senso di alimentarlo, cercando attivamente di contrastare l’avanzata della falce, non arrendendosi all’evidenza che le cose sono ormai così e che non si può cambiare, e che quindi sia meglio radere al suolo tutto. Che siamo sufficientemente evoluti da poter sconfiggere un nostro stesso vissuto. Mettersi in gioco in prima persona, smettere di pensare che si possa “delegare” a qualcuno il potere assoluto. E che un salto nel vuoto non risolve mai i problemi, se non in “modo definitivo”. Il che non mi sembra una opzione considerabile.
Solo il confronto continuo, la capacità di dialogare, di scendere a compromessi, di cercare l’accordo, è la radice della democrazia. Perchè tutti dovrebbero essere rappresentati, sentirsi rappresentati e protagonisti. Criminali e delinquenti a parte, ovviamente.

E riguardo alle altre nevrosi?
Beh, ho iniziato a lavorare. Un contesto totalmente differente da quello della comunità, per certi versi simile a quello dell’altra mia esperienza lavorativa, solo che nel frattempo son cambiato io. Quello che vedo, e come lo interpreto.
E per quanto questo lavoro mi piaccia, per quanto sia in grado di farlo – e devo dire, anche piuttosto bene – non mi completa. Non potrà mai completarmi. Come d’altro canto il dedicarmi totalmente al mondo delle psicosi non mi completerebbe.
La mia resa, incondizionata, è una scelta. Una resa però consapevole e priva di rassegnazione, che considero piuttosto segno di fiducia verso il futuro.
Una resa al fatto che probabilmente la mia vita si orienta a essere ogni giorno più complessa, in un mondo nel quale l’impegno è richiesto a 360 gradi, impegno al quale non ho alcuna intenzione di sottrarmi.

E questo è quanto. Sono stati tre mesi di silenzio, mettere a fuoco il mio ruolo in questa fase non è stato facile, anzi credo di essere ancora lungi dal comprenderlo fino in fondo. La prossima tappa è l’abilitazione, a giugno, poi una nuova casa, e dopo ancora… il futuro. Con fiducia, e speranza.