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Ultime ore di questo 2010.
Che dire… L'ho vissuto come un anno di transizione. E' passato quasi in sordina.
Rispetto a quello precedente, pervaso di scismi, cataclismi, emergenze, difficoltà, fatiche, superati tutti con la relativa soddisfazione, la tranquillità con cui ho passato quest'anno è stata quasi disarmante.
Una sorta di periodo di stallo, più faticoso da trascorrere quanto da vivere.
Rileggo i vecchi post, per dare un senso a questi dodici mesi. Per mettere ordine tra i ricordi.
Ricordo un abbraccio, delle lacrime che festeggiavano la fine dell'anno precedente, nel quale vi era stato troppo dolore.
Poi il razionalizzare, il cercare di dare un senso al tutto, di trovare un filo logico che spiegasse gli eventi passati. Fiumi di parole che diedero sicurezza. Forse troppa, e frammentaria.
La fine di una battaglia che rischiava di lasciare senza meta e senza uno scopo. La necessità di ridare un senso.
Lo scontrarsi con modalità di fare che conoscevi fin troppo bene, ma trovarle stavolta in alcuni prof di cui avevi sentito parlare un gran bene. Disillusione. E il coraggio di farsi davvero una propria idea, senza aderire passivamente ai proclami di un falso profeta.
Rischiare di ritrovarsi a essere troppo una guida, troppo un punto di riferimento. Di sostituirsi al bisognoso. Di rimanere in una logica umanitaria ed assistenzialistica, anzichè umanizzante. Rischiare di essere più di intralcio che di aiuto alle persone che tendevano la mano per non restare da sole.
In tutto questo, iniziare a fare ordine. Non accontentarsi delle risposte, delle frasi fatte, ma preferire le domande, e porsene di continuo. Questa, la difficoltà di quest'anno. Allora ricordavo male, questa è così grossa che vale per mille.
Ricordo delle nascite, e dei cambiamenti. Il dover ristrutturare un'esistenza, il dover trovare un nuovo senso e il cambiare strada, non ha riguardato solo me. C'è anche chi ha dovuto arrendersi all'evidenza che aveva investito in una relazione che non funzionava. Anche qui, difficoltà. Stavolta non mie, se non che ne ho sentito comunque il peso.
L'imparare quale sia la bugia più grande. Trovare una nuova missione da portare avanti. Senza un ruolo, senza uno scopo, non ci si sente nemmeno di esistere. La lotta contro l'indifferenza, naturale continuazione di quella guerra conclusa appena sei mesi prima. In fondo, era solo la punta di un iceberg molto più grande…
E poi… la cosa che ha fatto più male. Il fare a pugni della mia mentalità gruppale contro quella individuale della gran parte delle persone che mi circondano. E un'altra cosa, ancora peggiore, rendersi conto che non eri davvero riuscito ad aiutare chi ne aveva bisogno, che era ancora sepolto nei suoi problemi, e che oltretutto ci sguazzava. Li soffriva, ma non poteva privarsene, quasi fosse l'aria. Quasi fossero… una parte di sè. Resistenza al cambiamento, che spaventava, stordiva, veniva vista come una forzatura.
Lo scegliere da che parte andare da libertà era interpretato come una costrizione.
Tutto questo nelle amicizie, nello studio, nel volontariato. E anche nel visitare nuovamente quei paesi devastati un anno prima dal terremoto.
E adesso?
Mi pare che più che mancanza di difficoltà da affrontare, queste siano cambiate, e siano diventate dei target così impegnativi che la soddisfazione che si prova nel superarli sarà raggiunta solo molto in là nel tempo.
Prospettive troppo ampie? Obiettivi troppo ambiziosi? Vedremo.
Ma se una cosa è troppo facile, mi annoierei nel farla.
Se riguardasse solo me stesso, non avrei soddisfazione e la troverei completamente inutile. Sono solo di passaggio qui.
Ultime ore di questo anno. Che augurio fare, che non siano le solite frasi fatte che si sprecano in queste occasioni?
Vivete. E fate Vivere gli altri.
E questo è quanto.