Vuoto
Mesi fa leggevo che l'uomo ha un incontenibile bisogno di colmare il vuoto col suo corpo, che è per quello che cerca l'ebbrezza della vertigine. Qualcuno aggiunse anche che la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare.
Allora che fai?
Scali una montagna, arrivato in cima guardi il panorama, e guardi giù, guardi la strada che hai fatto, ma guardi anche il vuoto che hai sotto di te.
Oppure vai su un ponte altissimo, e guardi giù, e ti senti l'adrenalina che sale, osservando lo spazio che ti separa dal terreno…
Vorresti provare forse l'ebbrezza che si prova almeno una volta nella vita in sogno, quella di non avere nulla sotto di sè, di cadere giù, di sentire la tua velocità che aumenta, vedere il suolo che si avvicina, annullare tutte i pensieri in quel salto, provare il vuoto nella tua mente mentre cadi…
…si, ma fermarsi prima di schiantarsi.
Riflessioni a caldo. Che mi riguardano, che riguardano tanti altri in questo periodo.
Mi sono preso due ore domenica sera, tornato dal pub. Due ore per me, e per nessun altro, isolato dal resto del mondo. A rileggere la mia vita degli ultimi anni, e a vedere che ho affrontato periodi ben più bui di questo, e che comunque non era mai tutto rose e fiori. Rose e fiori, al cento per cento, uno può solo disegnarsele nella testa, nel mondo reale c'è sempre almeno una nota che stona.
Dopotutto, siamo umani. L'oggettività non è il nostro forte.
Quando l'emotività ci avvolge, possiamo non renderci conto di ciò che abbiamo intorno. Del bello che abbiamo intorno, nel mio caso. Del germoglio che è già pronto per te, e che non riesci ancora a vedere, impegnato a crogiolarti nel buio, e che dovresti cercare, forse semplicemente aprendo gli occhi.
Ora… l'emotività sta rientrando, riesco a togliere gli occhiali scuri e a vedere tutto sotto una luce più reale. A vedere tutto più oggettivamente, mai del tutto lo so, ma sicuramente molto più di prima. E' bastato poco… farsi venire il dubbio che forse volevo vedere nero, toglierseli, quegli occhiali. Almeno questa parte è fatta. E ora vedremo come mi riassesterò io, ma almeno non sono più miope.
Quando siamo immersi in una esperienza, di qualsiasi tipo si tratti… l'entusiasmo ci prende, l'emotività ha la meglio sulla razionalità, è come drogarsi senza fare uso di sostanze se non della nostra adrenalina. E' fantastico, devo dire. Se tutto fosse oggettivo, processi stimolo-risposta lineari e prevedibili, cosa ci renderebbe dissimili da un computer? Cosa ci sarebbe di bello a scoprire la vita ogni giorno, se fosse già tutto ovvio?
Si… ma… è anche chiaro che non si è lucidi. Che si è… nella stessa condizione di quando si è innamorati. Idealizzi, i lati positivi aumentano esponenzialmente ogni giorno, e quelli negativi della persona perdono a ogni momento successivo ogni valore. Poi chiaro, che col tempo ci si accorge, se questa persona, che vive nella nostra mente, è quella che abbiamo accanto oppure no. Ci si augura di avere una conferma, ma non è scontato.
E in ogni esperienza, dal lavoro alle amicizie all'amore agli hobby a qualsiasi cosa ti prenda emotivamente almeno un pò, siamo scoperti, senza corazza, preda di una ingenuità di valutazione che è naturale, fortunatamente, per noi uomini. Non si può essere oggettivi, e di questo bisogna essere coscienti, come del fatto che è una condizione del tutto normale.
E ci si lega l'elastico alla vita… Si vola!!
Ma… l'elastico è della lunghezza giusta? sotto c'è una rete o altro che ci protegga se per caso qualcosa va storto? e soprattutto, l'elastico è stato agganciato dall'altra parte?
Se si, lanciamoci. Sfidiamo il vuoto, sia quello fisico che quello interiore. Buttiamoci, e proviamo quella scarica di adrenalina che auguro a tutti di provare almeno una volta nella vita. C'è una percentuale di rischio, si: potrebbe rompersi l'elastico, rompersi la rete di protezione, potresti romperti l'osso del collo. Ma è un rischio calcolato, c'è tutta una fase di valutazione dei rischi a monte. Sicuramente non oggettiva, ma nella quale sei seguito da qualcuno che, non coinvolto come te, vede tutto più oggettivamente. I colleghi, i compagni, gli amici, sono qui per questo.
Se no… questo si è ovvio, è un suicidio.
Se tre anni fa avessi preso una scelta senza assicurarmi di avere la grinta, la voglia di farcela, una aspirazione, un ideale da raggiungere, una predisposizione, una certa disponibilità economica, il culo parato insomma… sarebbe stato un suicidio, mollare tutto e buttarsi in questa avventura.
L'ho deciso una sera, di punto in bianco, è vero. Ma prima che consegnassi le dimissioni sono passati anche sei mesi!
Altre volte non ho rischiato, e forse ho sbagliato. Ma il calcolo costi-benefici l'avevo fatto, ed era pericolosamente in bilico. E nonostante tutto, non vivo di rimpianti. Non più, almeno. Mi prendo i miei rischi, ma… piedi ben saldi a terra, conosco i miei limiti, e ho iniziato a comprendere il mondo che mi circonda, con le persone e gli "animali" che lo popolano.
Contemporaneamente, mi auguro che tutte le persone con le quali ho discusso ultimamente abbiano fatto bene i loro conti, e che considerino che un errore di valutazione è sempre possibile.
E che vada loro bene, come bene è andata a me finora, nonostante tutti gli scossoni, le cadute, le ferite, ma anche le gioie.