Cinque anni… dalla crisi all'opportunità… e congedo.
Sono ormai trascorse due settimane dal fatidico 19 ottobre. Una fase si conclude, un'altra inizia. E inevitabilmente ripenso a tutto il percorso di questi cinque anni, da come l'ho scelto, a chi ho incontrato, a dove sono giunto, fino a… e adesso?
Ricordo benissimo quella serata al Samsara dell'estate 2005, pare ieri, nella quale tra una birra e una sigaretta con un amico storico, di quelli che ci sono e saranno sempre, maturavo la scelta di dare una svolta alla mia vita, di renderla tale e non più una semplice esistenza.
Gli anni subito precedenti mi avevano svelato aspetti della personalità umana per me assolutamente nuovi. Avevo ricevuto pedate sui coglioni di intensità non indifferente, e non ero riuscito a rialzarmi, abituato com'ero a pensare in binario, a vedere tutto o bianco o nero, buono o cattivo, sano o malato. Non immaginavo nemmeno che le sofferenze interiori potessero pervadere così a fondo una persona, sia nell'animo che nel corpo. Portandoti sulla soglia del burrone, fino a lanciartici, e lasciarsi cadere giù, sperando di raggiungere il fondo quanto prima.
Volevo capire, ma soprattutto mi rendevo conto che tutte le certezze sulle quali avevo basato la mia esistenza erano fallaci, illusorie. Mi rendevo conto che quel lavoro stabile che avevo agguantato sulla scia di un destino già scritto non mi offriva nulla di più che un conto in banca. E desideravo altro.
Volevo di più. Volevo fare di più.
Così, qualche mese dopo, a marzo 2006, meditata bene la decisione, consegnai al capo una letterina per la quale mi maledì per settimane. Era l'independence day, fanculo alla vecchia esistenza, ricordo che lo festeggiai con una grande bevuta circondato da tutti gli amici storici, di quelli che c'erano e ci saranno, negli alti e bassi, sempre e comunque.
Arrivò settembre di quell'anno, iscrizione e primi esami, e la sensazione continua di "ma sono sicuro di quello che sto facendo?". Domanda che ignoravo, o alla quale rispondevo con un saccente "certo che sono sicuro", quando invece sognavo la notte di essere in ufficio. Gli amici mi spronavano, qualcuno mi diceva "te si stà matto a mollare un lavoro sicuro come queo!", ma un pò per testardaggine, un pò per curiosità, si superavano i primi scogli, i primi esami, mentre tessevo nuove relazioni, alcune delle quali fondamentali per quello che sono ora.
Passarono i mesi, poi gli anni, mi scontrai con le medesime realtà che già avevo affrontato in passato, ma ora vedevo tutto sotto nuove luci. Se prima potevo adirarmi per alcune cose, ora mi scivolavano come pioggia su una superficie idrorepellente, mentre altre che prima non riuscivo a comprendere a fondo mi facevano soffrire e ribellare come e più di un diavolo.
Già, qualcosa stava cambiando. Non al di fuori, i problemi ai quali assistevo e con i quali dovevo misurarmi erano sempre uguali, la storia si ripeteva sempre inesorabile. Era al mio interno che stava cambiando tutto.
Valori praticamente sconosciuti, o meglio, sopiti, emergevano con una forza spingendomi a prendere decisioni e parti che prima avrei semplicemente evitato perchè esporsi era pericoloso. Mai sbilanciarsi troppo, si rischia, e poi il mondo rimane comunque uguale, non cambia mai niente.
Ora rispondevo: fanculo, io tra qualche decina di anni creperò come tutti, e non voglio lasciare questo posto un cesso come l'ho trovato, riuscissi anche a spostare una sola foglia di un millimetro almeno non avrò vissuto invano.
Le amicizie sono state fondamentali in questo processo. A Padova ho conosciuto persone che, nonostante la giovane età, sono state dei veri maestri nell'aiutarmi a costruire e percorrere una via. E in appartamento poi, legami che si sono rafforzati, terreno di confronto reciproco. Una dimensione della quale sento un pò la mancanza, sebbene sia ben cosciente che come tutte le fasi della vita anche quella non sarebbe durata oltre gli studi universitari.
E pure qui le amicizie sono state fondamentali, le persone incontrate, quelle perse, quelle che nonostante tutto c'erano e ci saranno, quelle che non ci si vede quasi mai ma col pensiero si è sempre vicini, quelle che percorrono cammini accidentati ma non crollano mai.
E dopo cinque anni…. cosa resta?
Resta che sono davvero convinto. Ho toccato con mano il cambiamento. Ho provato cosa sia una crisi, ho provato cosa voglia dire risollevarsi semplicemente alterando la forza di gravità.
Ho visto che davvero il mondo può cambiare, ma che il primo passo è cambiare sé stessi. E' credere che sia possibile un futuro diverso, non arrendersi, non cedere alle difficoltà della vita, alle cattiverie o alle pugnalate. Che quando tutto va storto… è sufficiente girarsi e guardare il mondo diritto da un'altra prospettiva.
Questo ho compreso, in cinque anni. Che la psicologia non è, come dicono in tanti, una perdita di tempo, tante chiacchere e niente di concreto, un'astrazione mentale fuori dal mondo reale.
Che da una crisi si può innescare un cambiamento. Che la fine non arriva mai. Che basta girarsi, e si vede sempre un nuovo inizio. Che basta aprire gli occhi per incontrare un mondo in cui tutto è possibile.
Ora, a distanza di cinque anni, il percorso sembra giunto a un termine. In realtà, vedo già un nuovo inizio davanti a me, e non vedo l'ora che arrivi inizio dicembre.
Ci sarà chi non vedrò più, chi rimarrà come sempre al mio fianco, nuovi compagni di viaggio. Dove finirò non lo so per certo. Ma non conta. Quello che vorrei lasciarmi dietro, e donare a tutti quelli che conosco, è quello che ho scoperto… volete cambiare il mondo? Cambiate voi stessi. Spingete per il cambiamento. Non mollate mai nei momenti di sconforto, siate ottimisti. Magari non costruirete nuove città, non scoprirete nuovi mondi. Ma forse riuscirete a donare, anche a una sola persona, un momento felice. E concludere un domani il viaggio sapendo di non essere solo esistiti, ma di aver Vissuto.