Freedom of the press and thinking over politics
Gli avvenimenti personali delle scorse settimane, e faccio riferimento alle discussioni e talvolta litigate con gli amici, mi hanno fatto riflettere seriamente.
Da un lato, ho pensato che sicuramente so 'ndà zo un pò de brèntòn , per dirla in veneto. Prima di parlare, o meglio, di scrivere, non ho pensato a tutte le conseguenze che le mie parole potevano avere. E infatti, oltre alle conseguenze positive – chiarimenti e riorganizzazione delle amicizie – ce ne sono state di ben negative, come reazioni, talvolta esagerate, nei confronti di chi, me nel caso, ha espresso la propria opinione.
Dall'altro lato, però pensavo: perchè diavolo devo tenermi tutto dentro, e non parlare delle cose che non mi vanno proprio a genio, tentando di cambiarle e di offrire delle alternative a un pensiero che, a detta degli altri, di alternative proprio non ne dà?
Cioè: le amicizie devono per forza nascondere scheletri nell'armadio, parole dette di nascosto e alle spalle, serate organizzate dall'apatia e dalla routine senza possibilità di cambiamento?
E mi son trovato davanti una frase di Orwell.. si, sempre lui, le cui parole troppo spesso risuonano familiari:
La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire
Pare un pò una frase fatta, ma riassume bene il concetto di dire ciò che si pensa, senza paura delle reazioni, anche violente (non necessariamente violenza fisica) di chi ascolta.
Da qui, alla mia considerazione, la strada non è molta.
Inoltre, avendo trovato in più di qualcuno dei sostenitori, che concordano pienamente con le mie idee, non posso neanche pensare di essere completamente fuori strada, o peggio ancora, uno psicopatico!
E dunque, per la gioia, ma soprattutto per il dolore di conformisti, perbenisti e dei miei detrattori, continuerò, quando e se lo riterrò opportuno, a dire la mia, anche sapendo di dare fastidio e di crearmi inevitabilmente nemici. Ma forse, per chi ha il coraggio di esprimere le proprie idee, è il giusto prezzo da pagare.
Ecco, la prima cosa che voglio dire è un commento a caldo dalle ultime elezioni. Più che un commento, è una serie di considerazioni che non vogliono essere nè di destra nè di sinistra, anche se inevitabilmente chi mi conosce non potrà vederle come frutto del mio orientamento politico.
Lasciando da parte un'analisi dei risultati, mi parte una risatina pensando alla destra che chiede le dimissioni del governo dopo la disastrosa performance della maggioranza. A parte che non credo che le logiche di partito a livello nazionale abbiano cosi influenza a livello locale, la risatina mi parte pensando che ogni opposizione, di destra o di sinistra, non perde occasione per denigrare l'altra parte.
Questo è decisamente triste. Invece di impegnarsi per il bene del paese, si perde tempo a screditare gli avversari. Dov'è l'utilità per l'Italia in tutto questo, se non riempitiva dei telegiornali e dei penosi show di Bruno Vespa? E' davvero molto triste.
Caso strano poi che quando al governo c'era la destra, alle amministrative vinceva la sinistra (che del governo chiedeva le dimissioni), adesso che c'è questa al governo, a livello locale trionfa la destra (che del governo chiede sempre le dimissioni). Sarà un caso? A me pare che sia sintomatico del fatto che alla massa non va mai bene proprio niente!
Avete notato che non ho parlato di Berlusconi?
La cosa era voluta. Finora.
Ma dovevo fare una riflessione anche su di lui.
Per lungo tempo ho pensato che, in fin dei conti, siamo tutti dei berluschini, figli di Berlusconi in senso metaforico, della cultura che ha creato, fatta di interessi e di libertà personali a scapito di quelle altrui.
Ho iniziato a pensarla al contrario.
Siamo noi i genitori di Berlusconi. Se non avessimo avuto il germe della sua mentalità, lui non sarebbe mai nato, sempre in senso metaforico. Al massimo, lui ha innaffiato questo germe e gli ha dato spazio nel giardino per crescere in modo rigoglioso.
Per cui, se si vogliono cambiare le cose – e mi rivolgo a chiunque, sia di destra che di sinistra, senta che c'è qualcosa che non va – dobbiamo, prima che insultare i leader di entrambe le coalizioni per cambiarli, pensare a cambiare la nostra mentalità, perchè è solo grazie a questa che ci troviamo in una posizione politica così sgangherata.
Con un particolare riguardo verso il nascente partito democratico: ragazzi, voi non avete vinto le ultime elezioni politiche. E' la destra che le ha perse. Voi non fate la differenza dalla fine della prima repubblica.
Basta pensare a 'noi vinciamo perchè gli altri sono divisi'.
Basta cullarsi sugli allori del 'tanto gli altri perdono dunque noi vinciamo'.
Bisogna iniziare a meritarsi i successi elettorali.
Vale anche per la destra. Ora come ora, alle elezioni non vincereste di merito: godreste soltanto della sconfitta della sinistra.
E questo, è davvero a vantaggio del paese o solo a vostro vantaggio?
Ps: io sono di sinistra. Anche se mi riconosco in davvero pochi dei politici italiani del nascente Partito Democratico.
Pps: invito chiunque abbia voglia, ma soprattutto le palle, a una discussione costruttiva, anche se temo che anche stavolta la cultura dei SUM (stupidi utenti medi), che non dicono mai la loro, trionferà.