150° d'Italia

Non mi dilungherò con lunghi trattati sull'unità d'Italia e su quanto sia difficile oggi, nonostante io lo sia, essere orgogliosi di essere Italiani.
Ho trovato queste semplici parole che racchiudono il pensiero di un Italiano come tanti. Ma di quelli con la I maiuscola.

"Cari Amici,
Mi piacerebbe che lo spirito di tale commemorazione fosse presente tutti i giorni anche nei nostri amministratori ed in tutti quelli che servono la nostra Patria.

Inoltre, se tutti noi fossimo realmente "Fratelli d'Italia" l'Onore ed il Dovere sarebbero ogni giorno, ogni istante, vivi nei nostri cuori.

Purtroppo dove non c'è educazione civica e dove gli esempi di onore e dovere non sono di certo nei palazzi del potere, le generazioni future possono sono "commemorare" ciò che di fatto non c'è piu.

In questo giorno di festa in realtà sono molto triste poichè gli eroi, i figli, i martiri della Patria che ovunque e comunque – in pace ed in guerra – offrirono ed ancora oggi offrono la propria vita per un ideale così alto, di fatto sono ogni giorno dimenticati o calpestati.

Il mio cuore piange osservando lo strazio quotidiano che la nostra, la mia Patria ogni giorno sopporta, ma proprio le lacrime offrono la speranza che ogni Uomo di questa nostra distrutta Nazione possa riaccendere con il proprio esempio, quel lumicino chiamato onore, dovere, civiltà, libertà.

Gli stessi ideali per i quali, figli ed eroi di questa nostra Patria offrirono
la vita per tutti noi e per le generazioni future.

Un Italiano"

I nuovi orizzonti del domani

La colonna sonora che sto ascoltando sembra quasi da film.
Di quei film in cui c'è una scena in cui i nodi vengono al pettine. Il momento di svolta. In cui devi trovare un nuovo senso a tutto quello che hai fatto finora, a tutta la vita passata, per disegnare il tuo percorso da quel momento in poi.
Quel momento in cui trovi un incrocio, sai quale delle due strade devi scegliere, perchè lo hai già deciso.
Una porta avanti, verso l'ignoto. L'altra ti permette di rimanere in un sentiero sicuro, conosciuto, ma in loop, e non porta da alcuna parte.

Questa la condizione in cui sono oggi. Due mesi in cui non ho aggiornato, perchè dovevo elaborare un lutto.
Il lutto di un'epoca che giunge inevitabilmente alla fine. Epoca che trascinare ancora avanti, oltre la sua naturale durata, non porterebbe da nessuna parte.
Ho in mente una situazione precisa. Quella degli eterni adolescenti, che oltre la soglia della maggiore età, non in senso anagrafico ovviamente, si rifiutano di diventare adulti. Di costruire il domani, rimanendo in una rassicurante bolla temporale.
E rivedo scene di vecchi film, in cui i protagonisti si aggrappavano disperatamente agli anni trascorsi, senza osare andare oltre. E si ritrovavano a vivacchiare disorientati in un tempo che non era più loro. L'ultimo bacio, per fare un esempio. O alcune scene di notte prima degli esami.

Già. L'adolescenza è finita. Anche quella allungata, di cui oggi si parla tanto.
Ma la giovinezza, quella no. Quella rimane fin tanto che ci si sente in grado di affrontare il mondo.

Cinque anni fa l'ho pensato. Ema, ma torni a studiare solo per rivivere un tempo che è stato? Per evitare l'inevitabile? Per allungare una adolescenza che avevi già archiviato quando avevi mollato l'università per metterti a lavorare?
Beh, mentirei se dicessi che questa idea non mi maliziava. Si, tra le varie motivazioni c'era anche questa.
Forse con tutti gli eventi che ho dovuto affrontare, alcuni anche molto atipici, ci poteva anche stare.
Tenevo dentro di me però il conto degli anni. Del tempo che passava. Basta che mi guardi allo specchio, per vedere come l'orologio proceda inesorabile la sua marcia. E gli acciacchi, che si fanno sentire.

E ancor di più i cambiamenti dentro di me.
Il diventare come non avrei mai creduto. Forse come non avrei mai sperato.
Rido. Se il mio alterego di quindici anni fa mi vedesse oggi, riderebbe di me. Di quanto adulto mi sento.
E di come non riesca più a trovare soddisfazione in cose che allora facevo. Che facevo fino a un paio di anni fa.
E di come invece abbia il bisogno di stimoli nuovi. Di esperienze completamente differenti.

Sarà l'età, ma è stranissimo sentirsi crescere. Potersi guardare oggi, mantenere nitidi i ricordi a distanza di decenni, e riuscire a confrontare ogni istante della vita passata con le sensazioni di oggi. E sentirne le stonature.
Come lo scorso mercoledì. Una moltitudine di giovani in centro a Padova, intenti all'attività più caratteristica dei giovani di oggi: bere.

Bere.
Bersi il futuro. Annebbiare ogni anelito delle prospettive del domani.
Offuscare il timore di crescere, stordendosi in ettolitri di alcol etilico.
Lo facevo anche io, fino a poco tempo fa. Oggi questa idea mi fa accapponare la pelle.
Non voglio rinunciare alla possibilità di essere adulto. E non voglio nemmeno allontanarla.
Ne sento l'esigenza. Sento l'esigenza di andare oltre quello che sono oggi.

Anche se non so cosa ci sarà domani.
E vivere in questa incertezza continua può creare ansia e preoccupazione.
Ma la preferisco alla staticità che vedo in alcuni, che pur di non andare avanti e rimanere degli eterni adolescenti prendono tutto sottogamba, rifiutano ogni impegno, si limitano a lavorare e a bersi il futuro in un "me ne frego" fascista. Che sulla base di questo ragionamento rende la storia e questi particolari anni perfettamente comprensibili.

Nuovi orizzonti possono spaventare. Nuove prospettive stordirti.
Ma non è evitandole che ci si realizza. Non è evitandole che si porta a compimento il piano che hai di te.
E nemmeno arrendendosi all'età che avanza.

Ci vogliono due palle d'acciaio per affrontare il mondo. E una forza mostruosa.
Non dico di aver questi requisiti al massimo. Però mi difendo bene.
Voglio uscire di casa, chiudere con l'università, il più presto possibile. E porre le basi per i prossimi dieci anni.
Sia quel che sia, costi quel che costi.
Ho già pronti mattoni e cemento. E badile e cazzuola.
Il secondo tempo mi attende. E non intendo sprecarne nemmeno un minuto.