A metà

Quando le cose accadono troppo in fretta… quando si passa in pochissimo tempo da un senso di totale smarrimento e in parte di disperazione, a un senso di totale spensieratezza e divertimento sfrenato… quando ti guardi indietro, e ti rendi conto che è come se avessi due identità, una che hai seguito fino a poco tempo fa e un'altra che preme per uscire, e che combattono per prevalere l'una sull'altra, da sempre, senza riuscire a integrarsi…
E' con tutto questo che si può definire il termine "sconvolto"?

Su una cosa hai ragione, si.
Che fino a poco tempo fa non sopportavo alcune persone, ne adoravo altre, vedevo nitidamente il mio futuro, mi permettevo di scegliere anche in base a pochissime informazioni a disposizione. Avarizia cognitiva, la chiamano.
Ora ho riconsiderato tutto. Sono stato costretto, forse. E di quelle persone mi rendo conto che non sopporto alcuni atteggiamenti, e cerco di cogliere quello che posso da loro, senza illudermi che siano perfette, anzi sapendo che mi devo accontentare e prenderle per quel che sono. Umane, come me.

E io? Io… oscillo.
Tra il modus vivendi che ho tenuto fino a due mesi fa, e quello successivo. Senza soluzione.
Nel senso che sono appunto diviso a metà, tra queste due indoli… che non è semplice integrare.
Ieri sera mi son divertito, si, ma c'era qualcosa che non andava. Non mi riconoscevo, mi sembrava di non essere me stesso. O almeno il me stesso che sono di solito. E così non riesci a capire chi sei veramente.
Nelle varie sfumature, forse sono sempre io. Ma sembrano così inconciliabili… Passare da momenti in cui ti comporti come un cazzone di 18 anni, a momenti in cui mi sento anche troppo adulto, troppo accademico, troppo inquadrato in quella che sarà la mia professione. La soluzione sta nel mezzo, si dice… ma trovalo tu un mezzo che non sia un limbo, tra questi due estremi. E oscillo… senza fermarmi.

Sarei curioso di vedere dove sarei se non avessi preso alcune decisioni in passato, se avessi deciso di proseguire la strada che mi era di fatto stata tracciata davanti.
Non mi pento assolutamente delle mie scelte, rifarei tutto come allora. Forse questa è solo una "fase", da accettare così come viene senza farmi troppi problemi.

Ma è così strana… come un anno e mezzo fa. Eppure sembrava tutto così perfetto in quei momenti, tutto chiaro, tutto nitido. Poi alzi la testa, e vedi che nel blu del cielo sta accadendo qualcosa. Sono arrivate le nuvole, e inizia a piovere. Sempre di più, sempre di più… E cerchi un riparo, un rifugio, in attesa che torni il sole. Oppure prendi l'auto, e cerchi tu un posto dove splenda il sole. Casomai a poco meno di 80 km a sudest da questa sperduta cittadina della pianura.

Vorrei andare in vacanza. Una vacanza da into the wild. Partire, senza destinazione certa, viaggiare senza meta, tra la natura e il mondo dell'uomo, viaggiare per capire chi diavolo sono. Mi verrebbe da dire che è la vita, questo viaggio, e che lo sto anche io facendo da quasi ventotto anni. Ma è davvero una roulette russa allora… non sai chi sei, non sai dove vai, non sai perchè nè per come, hai solo degli ideali davanti che devi già mettere in preventivo che non raggiungerai mai.

E di tutto questo… avere ancora qualcuno con cui parlare.

Non so se sono pronto per ricominciare. Forse è troppo presto, forse sto bruciando le mie tappe. Non posso nemmeno bruciare questa occasione, d'altro canto. Però continuare così, senza sbilanciarsi troppo, senza il coraggio di buttarmi, con la paura di sbagliare e di fare male… non è semplice.
Ma cosa posso chiederti… tempo? Te ne sto già chiedendo troppo. Non posso chiederti altro… se non di esserci.

E' tutto molto enigmatico, lo so, almeno per un "esterno" che legge. Non pensate che vi sia meno confusione nella mia testa. Quello che riesco a esprimere a parole è solo un infinitesimo di ciò che ho dentro.

Emotività e razionalità

Quando è tutto ben definito non vi sono problemi, ogni situazione che si pone davanti viene risolta in un attimo e non ci si rende nemmeno conto della fatica che si fa.
Quando invece la vista è offuscata da una pellicola non perfettamente trasparente, anche la cosa più semplice si rivela un vero e proprio rompicapo.

Razionalità. Sembra così semplice essere perfettamente razionali, calcolare tutto e risolvere ogni cosa nella maniera più logica, quasi come fanno le macchine. Si pone davanti un ostacolo, lo si affronta, si risolve il problema, si continua come niente fosse.
Come a un casello dell'autostrada. C'è, si varca, e si procede. Arrivi al casello di uscita, paghi, lo passi. Niente di più banale. Niente di più automatico.
Spesso è così. Quanto vorrei fosse così.
Eppure, ora che ci penso, quanto son contento che non sia così.
Prevedibilità, logicità… che gusto ci sarebbe a vivere se la strada fosse già segnata in partenza, senza la possibilità non solo di scegliere quale percorrere, ma anche di costruirne una dal nulla?
Se tutto fosse prevedibile e perfettamente razionale, oggi non sarei quello che sono… oggi sarei ancora rinchiuso tra quattro mura a spippolare tra i videoterminali, senza via d'uscita.

Eppure… quanto mi disorienta tutta questa emotività.
Non poter prevedere quanto tempo ci vuole per districare completamente una matassa. Non poter prevedere quante risorse ti sta succhiando. Eppure viverlo, come parte di me, come parte di quello che sono, di quello che voglio essere. Non poter affrontare come vorrei una sfida della vita, non arrivare al risultato che tanto desideravo.
Amen, pazienza, sarà per la prossima volta. Certo, ma quanto è difficile dirlo, quanto è difficile accontentarsi.
Sapevo cos'era la "pseudodemenza depressiva reattiva". Ok, ora l'ho provato anche sulla mia pelle. Sentire che nonostante la fatica di concentrarsi, lo sforzo continuo e ininterrotto, l'aiuto di una amica, non riuscivo a far entrare in testa una inutilissima lista di psicopatologie. Mente non occupata da altro, mente letteralmente sgombra, inattiva. Sensazione bruttissima, quella di non riuscire dove di solito arrivo senza grosse difficoltà.
Ora… lo so, devo accettare questo temporaneo stato, cercare di remarci contro, e tornare a sorridere ogni secondo come faccio di solito. Si, razionalmente è quello che devo fare.
Ed emotivamente? L'emotività c'è, non la controlli, te la cucchi e basta, non ci puoi fare niente.
La voglia di rimettermi in moto, di rimettermi in gioco, di ripartire e tutto il resto, c'è. Ma il motore è stanco, provato, troppi eventi, troppi pensieri in poco tempo. Overflow.
Mi sento sotto scacco. Ho bisogno di tempo, e tempo non ne ho. Il mondo intorno a me continua a correre come al solito, e non posso perdere il treno. Non di nuovo. Sempre ammesso che questo sia il treno che voglio prendere.

Una clinica psichiatrica.
Non ci ero mai entrato, fantasticavo su come fosse, mi vedevo in un futuro forse remoto a lavorarci dentro, a capire cosa ronzasse per la testa delle persone.
Poi ci entri, e ti rendi conto che forse non è tutto, anzi.
Che cosa ottieni a diagnosticare, a capire le persone, se poi il tuo lavoro si ferma lì?
E' questa la direzione che voglio intraprendere?
No. O almeno, se entrassi un una struttura del genere, dovrei letteralmente stravolgerla. E non intendo farmi massacrare perchè voglio cambiare qualcosa che è più statico del sarcofago della centrale di Chernobyl. Col rischio poi di trovarmici dentro anche io, e di arrivare a 60 anni a essere perfettamente inquadrato in una istituzione nella quale mi dovrei riconoscere.
Le conoscenze che sto acquisendo, le esperienze della vita che sto vivendo sulla mia pelle, le esperienze sul campo che farò, le voglio mettere a frutto al massimo.
Non ci si ferma a compilare una cartella clinica. Non ci si ferma a dire a una persona "Lei soffre di depressione maggiore" o "Quella che lei vede di fronte a sè è solamente una allucinazione".
Non voglio ridurmi così. Posso fare di più. Voglio fare di più.
Aiutare chi ha bisogno, anche solo con una mano tesa. Mettersi a disposizione. Sorreggere, insegnare a camminare di nuovo. Indicare la strada per uscire dalle situazioni apparentemente impossibili che la vita ti mette davanti. Fare quel che si può, ma di quello che è possibile fare tutto.

Se non ci mettiamo in questo gioco, se non aiutiamo a vicenda… cosa ci stiamo a fare qui?

Imprevisti

Capita.
Capita a volte, che le cose non vadano come programmato.
Tentiamo di pianificare la nostra vita, spesso anche nei piccoli dettagli, pur di poter controllare il controllabile e avvertire un certo senso di sicurezza, nonostante le variabili che ci circondano. Più ne controlli, più ti senti al sicuro.
Eppure succede. Che ti ritrovi a fare i conti con qualcosa di non calcolato. E' scontato, non puoi tenere tutto a bada. E se lo si facesse, la vita perderebbe molto del suo significato, e della spontaneità con cui vale la pena essere vissuta.

Ecco come mi sento: impotente.
Di fronte a un vissuto personale che non avevo messo in preventivo, e che devo cercare di mettere da parte. Ma contemporaneamente non posso negarlo a me stesso, e non solo a me.
Affrontarlo, l'unica maniera per uscirne. Insieme, dato che ho la fortuna di avere un così bel rapporto con te.

Mi sento anche: stronzo.
E nell'istante in cui lo penso – e lo sto pensando spesso – mi rendo conto che non l'ho fatto apposta, che non ho forzato nulla e che la situazione si è così evoluta spontaneamente, senza che io lo volessi, anzi. Posso ancora considerarmi stronzo?
Mi hanno detto di no… ma i sensi di colpa mi attanagliano.
Eppure non mi pento dei pensieri che ho fatto, dell'averci visto un possibile futuro, anche se non mi sentivo per nulla coinvolto.
Anzi, vorrei provarci. E non è una fuga.
Ora vedremo, tra un paio di giorni. Cosa riuscirò a dirti…

Parlare.
Mettere in chiaro le cose, non lasciare niente sul piano del "non detto".
In qualunque tipo di rapporto, sia di amicizia che di amore, è fondamentale. Per rimanere sintonizzati sulla stessa frequenza, per non dare nulla per scontato, per essere certi di star percorrendo gli stessi binari.
Eppure, talvolta è cosi maledettamente difficile. Anche quando sei con una persona alla quale diresti tutto.
Perchè? Domanda senza risposta. O forse troppe, risposte.

Tirare fuori le palle.
Quando il gioco si fa duro… si fa duro! E i duri iniziano a giocare. Si tira fuori la grinta, e tutto il resto passa in secondo piano.
Solo se messi alle strette? Forse. Solo l'evidenza della realtà ci obbliga a combattere le nostre paure?
Siamo umani, siamo anche deboli.

Mi sono sorpreso di me stesso, si. Forse questo è davvero l'ultimo passo per guarire definitivamente. E tra qualche giorno sarà anche l'anniversario dell'inizio di quel periodo…. Mi crea sempre ansia, il suo avvicinarsi.
Sono cambiato in questi anni, le persone che ho conosciuto e con le quali ho condiviso un pezzo della mia vita mi hanno lasciato dentro qualcosa, massime da seguire, alternative da valutare, possibilità da scegliere. A loro devo molto. A te, con la quale voglio continuare a condividere questo bel rapporto, devo parte di quello che sono. Parte di quella persona che tra i mille difetti ha anche qualche pregio, persona di cui oggi posso andare fiero.