The butterfly effect

Mammamia che film. Quello del titolo, dico. Tra questo, visto stasera, e il laboratorio di musicoterapia di venerdì, mi vien da dire…
Mammamia che film. Non quello del titolo, ma quello che ho rivissuto nella mente. Altro che JD.
Cosa sarebbe successo se… Ma partiamo dall'inizio.
Laboratorio di musicoterapia di venerdì a macramè. Parte l'ultimo brano, e mi ritrovo catapultato in una scena dell'estate 2002. La rivivo completamente, sia le scene che i dialoghi che le emozioni.
Io, bimba – quella di "addio, bimba", ruma ben che te a cati sol sito…- e nessun altro. Come risolvere una situazione impossibile, invischiata, nel modo migliore per lei e per tutti gli altri, e più disfunzionale per me. Ama il prossimo tuo COME te stesso, non di più, me l'avevano detto mille volte. E io non l'avevo ancora capito.

Al bar.
Sono le 5 e mezza, e sono in uno stato di catatonia con gli altri del gruppo attorno che scherzano e bevono. Io dalla balla triste ne sono uscito toh, alle 2, e sto in panico forte. Devo fare qualcosa, non ne posso più, sto per scoppiare. Tra l'altro, ascoltare di continuo gli HIM non aiuta.
Paola da un lato, amore durato tutta un'estate e un'autunno ma finito da più di sei mesi ormai, dall'altro lato un rapporto di amicizia leggermente ambiguo (diciamo leggermente per comodità ma lo è molto di più), il rischio di rovinare tutto, perdere quella amicizia, massacrare le altre, rischiare il tutto per tutto, indecisione, incomprensione su quello che provo, e uber alles mai fare del male a qualcuno, piuttosto farne a me stesso.
Senza nemmeno salutare vado al parco. Si, lei è li. Devo parlarci, incasinata come si è la situazione non posso più andare avanti. Motorino in strada e via.
Ho bisogno di parlarti. Non adesso, sono al parco. No, adesso. Uff, arrivo.
Discussione di quasi due ore, tra urla, insulti, lacrime, emozioni, sentimenti, tutto quello che non ci si era mai detti esce in quella litigata-che-ha-fatto-spettacolo-a-padova in quel pomeriggio del 12 giugno. Tutto, tranne la cosa fondamentale. Che la amavo. Che ci amavamo.
No, non sono innamorato di te, le avevo detto al telefono una settimana prima. Negazione, di cattiveria! L'avrei accettato solo due mesi dopo, quel che provavo.
La discussione era senza fine. Non poteva avere una fine, non volevamo una fine. Sarebbe stata LA fine. Di tutto.
Conclusione: ciao. Metto il casco e vado a casa. A casa mia, non nell'appartamento-del-popolo.
Un viaggio di mezz'ora, sotto il sole, ma con la vista appannata dalle lacrime. Non credo di aver mai pianto così tanto. Occhi rossi per giorni, avrei avuto. Era finita, non ci saremmo MAI più ritrovati, avevo perso tutto, per salvare il salvabile nel gruppo, per la sua forse felicità, anche se nella mia tristezza, nel mio totale sconforto, nel mio arrendermi impotente.

Qui finisce la musica, esco dallo stato di trance. Peggio dell'ipnosi, devo dire. Più realistico di un sogno, più sconvolgente, più regressivo di anni di terapia.

Perchè quella scelta così definitiva? Perchè l'abbandonare tutto e tutti, soprattutto quella persona che non ne ho ancora e non so nemmeno quando ne troverò una con cui ero così in sintonia, che sentivo così simile a me, con gli stessi sentimenti, emozioni, perfettamente in risonanza con me?
La scelta meno disfunzionale in assoluto è stata la più disfunzionale per me. Mi è costata una depressione e anni per riprendermi. Certo, la sensazione di aver fatto il suo bene, e il bene di tutti gli altri in generale, di aver salvato il salvabile, cioè per loro quel che erano e per me nulla, ti dà la sensazione di essere nel giusto. Ma il giusto non sempre è felice. Il giusto non sempre ne esce senza le ossa rotte, anzi.
Ora come ora, cosa farei? Tornerei indietro nel tempo per cambiare il passato e vivere un presente, se ne avessi la possibilità?
D'impulso, come non dire "sì"?
E invece no. Citando qualcuno, mi ritrovo a dire "rifarei tutto come allora".
Sono felice di dove sono ora, del percorso che ho fatto, non sarei quello che sono adesso, e del quale vado fiero.
Il problema? Lo so che è un lutto risolto "a metà".
Fantasmaticamente, la perdita l'ho elaborata e ho allacciato nuovi rapporti, nuove relazioni, ho anche riscoperto l'amore (ne parlavo qualche rant fa). Ma realmente… ma mio dio, come ci siamo salutati! Escluso un imbarazzante incontro fugace di trenta secondi, non ci siamo mai più parlati! E, dio, se vorrei parlarti! Solo per sapere come stai, come va, e per dirtelo, chiudere quel "non detto" di sei anni fa, "sì ti amavo", e sentirmi un peso in meno nella valigia dei ricordi.

Se il rimpianto c'è riguarda solo quello. E poi mi piacerebbe sapere come sarebbe andata. Non viverlo, ma riderci sopra davanti a un caffè, chiudendo quel capitolo. Una volta per tutte. Come un film concluso amaramente, conclusosi sì ma con una scena dopo i titoli di coda, a completare in modo sereno la storia. Con una parte di pubblico che sceglie di rimanere a vedere anche quella parte, andando a casa felice, e il grosso della marmaglia che se ne è già andato a casa, a letto col magone.
Non so se vedrò e vivrò la scena dopo i titoli di coda. Se ce ne sarà l'occasione non mi tirerò certo indietro.
Ma certo è che se una musica mi ha riportato lì dopo così tanti anni significa che la ferita si è chiusa, ma c'è ancora una scheggia nella carne. Forse sarebbe il caso di operare, di riaprirla, per levare quel fastidio a ogni movimento, per essere definitivamente guarito.
Mi domando se avrò mai la forza di affrontare questo intervento. Eppure lo so che lo dovrei fare.

Questo solo per spiegare le mie sensazioni di questi giorni, il mio stato "di mona" per non dire melanconico, la mia indecisione nel rischiare di imbagolarmi in un rapporto perchè ho paura di farle male.
Prometto, mi tiro su. Lo sto già facendo. Ho fatto anche un esame oggi!
Lo voglio dire ancora "Si, va bene…"

My feelings

Dire che è stata una settimana piena è poco.
A parte che è iniziata sabato mattina, e non lunedì, e la mia permanenza a padova è stata di sette giorni netti. E la differenza si sente…
Molto interessanti gli incontri a treviso sullo psicodramma moreniano. Come tecnica inizia a interessarmi non poco, e sì che l'anno scorso all'unico incontro a cui avevo partecipato non mi aveva entusiasmato molto… eppure…
Introspettiva, ecco come definirei l'esperienza di questi due giorni. Sono emerse due parole, che ad alto volume hanno sommerso tutto il resto.
Coraggio e responsabilità.
Coraggio come non arrendersi mai, proseguire nei propri obiettivi a costo di spaccarsi la schiena, per raggiungere la meta che si vede alla fine del sentiero. E sapere che non sarà un arrivo, ma una tappa di un cammino che vorrei continuasse per sempre. Coraggio nell'affrontare le difficoltà della vita, nel non arenarsi in una secca, ma di reagire e continuare a camminare, a lottare. Coraggio nel prendersi sulle spalle non solo i propri, di problemi. E nel ridefinirli come semplici situazioni, poi.
Responsabilità come impegno, come peso che mi dovrò portare sempre appresso nella mia futura professione. Non sarà un lavoro di ufficio, dove le responsabilità contano sì ma sono relative… ma un lavoro con gli altri, dove ti fai carico anche di loro, con tutte le responsabilità più pesanti che comporta questa professione.
E il peso della responsabilità lo sento già ora, figurarsi un domani… ma forse la chiave sta proprio nell'affrontarlo con coraggio.

Poi giro nel mercatino dell'antiquariato che c'era lì vicino. Trovare una cartolina, sentire i brividi sulla pelle e gli occhi inumidirsi, vedere quella che considero la mia seconda casa nel 1953. Incontaminata, come la ricordo dai primi anni dell'infanzia, come la vorrei poter vedere sempre, non inondata del traffico rombante di questo nuovo millennio.

E andare a farsi un giro a bassano, non propriamente di strada, così per mostrarle quella cittadina e per tenerle alto il morale, per non farla aggrovigliare in mille pensieri, anzi un pensiero, che tanto pensarci di continuo non è che cambi le cose.
E chiacchierare.
E sentirsi come raramente mi son sentito. Libero di parlare, di esprimere le mie emozioni forti senza trattenerle, così come mi vengono, non dovendo fare come al solito lo sforzo di trattenere le lacrime. Già, perchè se piangi non sei accettato, un vero uomo non piange. Che cazzata…
Magari tutti gli amici fossero così. Magari con tutti potessi sentirmi così.
E viene anche spontaneo aiutarti a superare il momento non proprio radioso, condividendone la tristezza e la serenità, a organizzare quel "regalo cazzata" e a tirar fuori il meglio di me per quel che riguarda scherzi e risate. Ringraziami, ma il grazie viene anche da me. Mi fa star bene aiutare, e star vicino. Forse è per quello che mi vedo ottimista per il mio futuro da psicologo.

Neve. Il 24.11.
Giocare a palle di neve e sentirsi di nuovo bambino per un attimo, brividi e gioco sereno, senza pensieri. Raro. E bellissimo.

Andare a trovare il don, passare due piacevolissime ore a chiaccherare di come si sono evolute le nostre vite negli ultimi due anni. Già, mi hai guidato per più di dieci anni, e il legame non si è indebolito da quando sei stato trasferito. Con tutte le esperienze vissute insieme, non si indebolirà mai.
Discorsi semplici, discorsi seri. Sentire che condivide con me i pensieri relativi a compagnia & co, arrivando senza tanti giri di parole a definire certe persone come dotate di personalità debole. Parole migliori non poteva usare, io non sarei mai riuscito a dirlo, aggrappato al sogno che le cose fossero diverse. Il sogno è finito, ormai. Siamo svegli.
E una domanda: troverai lavoro, al termine degli studi? Io: sicuro. Dove voglio arrivare, io arrivo. A costo di farmi strada a forza, e di farmi male per arrivarci. Ma la domanda che mi pongo io è: ci sarà ancora spazio, nel 2010, per i rapporti umani, per l'uomo? O riusciremo a distruggere quel poco che ci distingue dagli animali, e dalle macchine? Ci sarà spazio per le emozioni vere, per i sentimenti veri, per le gioie semplici, ci sarà spazio per l'amore?
Non ho risposte, solo domande. E speranze.

Il resto del tempo è trascorso studiando, con pensieri ambivalenti riguardo qualcuno che sta piano piano conquistando il suo posticino lì… domandandomi se lo voglio, se lo vuole, se ci sarà un "noi", se non ci sarà niente e per quale motivo, se sarà lei o un'altra, già arrivata o non ancora conosciuta.
Ma non credo al gioco dei dadi. Quella è strategia e caso, non strategia e sfiga. E non correla per niente con sentimenti e caso. In barba al vecchio detto. Con un sospiro di sollievo collettivo.
E tra partite a questo gioco boliviano, studio esami tirocinio e tesi, una scamorza verde che tenta di conquistare il mondo, una bottiglia di montenegro quasi seccata e una mattonella che chissà come è finita nel water, questa vita insieme continua…

Change of heart

Non so se posso definirlo un esame, per me è stato come aggiornare un blog. Tant'è che lo pubblico qui, quello che ho scritto. Con tanto di traccia!

La più grande scoperta della mia generazione è che gli esseri umani possono cambiare la propria vita, modificando i propri atteggiamenti (W.James)

Abbiamo una sola vita. Non abbiamo la possibilità di viverne di infinite, e di provarle tutte. Sarebbe sì bello, ma non realistico.
La scelta si impone. Come viverla al meglio? Come arrivare alla fine dei nostri giorni e poter dire di aver veramente vissuto, e di non essere semplicemente esistiti?
Se mi limito ad esistere, non faccio altro che aderire al senso comune, interpretare il mio ruolo in una storia predeterminata non scritta da me, un'opera teatrale che non mi appartiene.
O che se lo è, mi appartiene per puro caso, e comunque non per scelta.
Ma noi, in quanto esseri pensanti, e non macchine che eseguono il programma che è stato dato loro, possiamo, anzi abbiamo il dovere, di scrivere noi stessi come viverla, che atteggiamento avere verso la realtà e il mondo che ci circonda, che finale darvi e, perchè no, cambiare anche tutta la storia.

Certo non possiamo cambiare tutto ciò che ci circonda e non si adatta pienamente a noi, sarebbe una irrealistica pretesa divina. Quello che possiamo fare è modificare la nostra vita cambiando l'atteggiamento verso il mondo, verso il ruolo e i fatti che ci accadono ogni giorno.
E' un cambiamento di punto di vista, di orizzonte. Da una data posizione posso vedere fino a un certo punto, non oltre, e sarei portato a credere che quello sia il reale.
Ma possiamo immaginare ipotesi, un qualcosa che vada oltre il nostro campo visivo, ed effettuare un "volo cieco" con la fantasia e immaginare mille scenari possibili, mille assenti attuabili.
Trasgredisco, in modo positivo, e vado oltre, facendo emergere possibilità che non potevo nemmeno sospettare. Mille scelte tra le quali potermi muovere, mille atteggiamenti da assumere e quindi nuove possibilità per vivere la mia vita e cambiarla.
Riflettendo, ragionando, cercando di attuare un pensiero lineare e logico, posso, anche con l'aiuto – uno psicologo, un consulente filosofico, o meglio ancora una figura professionale che incarni queste due essenze – modificare e reinterpretare in modo nuovo tutta la mia esistenza, migliorarmi, realizzarmi. Destrutturare, con un pensiero critico, tutte le mie false certezze sul reale, essendo esse basate sul senso comune, mantenendo sì un riferimento, ma arrivando a conquistare una certezza frammentaria.
Si tratta di rischiare, trasgredendo, e di andare oltre l'atteggiamento avuto finora, così da cambiare il punto di vista.
Non un rischio alla cieca, un "andare allo sbaraglio" inconcludente, ma una scelta ragionata, basata su una logica di costi/benefici, che permetta di ottenere il massimo risultato evitando il costo di un rischio troppo alto.

Cambiare atteggiamento verso la vita, da una posizione di passività a un ruolo attivo e costruttivo per sè e per gli altri. Mi sorgono due esempi, uno personale e uno tratto da un film.
Anni fa conobbi un ungherese, che dopo il crollo del regime comunista si era ridotto a fare la guida turistica, mentre prima era un esponente di punta del partito. Trovatosi "in strada", aveva vissuto da barbone per un anno, convinto che non si potesse cambiare in alcun modo la propria condizione; ma alla fine ha avuto il coraggio di cambiare, passando da una strategia basata sul "problema" a una basata sulla "situazione". Cambiando atteggiamento verso la propria condizione attuale, è riuscito a scardinare tutta quella sua certezza verso l'immodificabilità della sua vita e a iniziarne una seconda. Tanto che il suo motto era proprio: "non ci sono problemi, ci sono solo situazioni".
Riguardo al punto di vista, e al rischio connesso a un suo cambiamento, a una trasgressione positiva, mi viene in mente un film di fine secolo scorso, Matrix, nel quale le macchine dominano il mondo, e ne hanno costruito uno di virtuale e fittizio per tenere soggiogati gli esseri umani.
"Pillola rossa o pillola blu" era una battuta chiave del film. L'eroe, Neo, doveva scegliere se non rischiare, risvegliarsi come se non avesse mai sospettato di nulla, scegliendo la blu, o se trasgredire, rischiare, cambiare la visione del mondo e potenzialmente tutto il mondo stesso, scegliendo la rossa.
Se avesse scelto la blu, il film non avrebbe nemmeno avuto motivo di essere girato. Scelse la rossa, e cambiò le sorti del mondo intero, oltre che della sua propria vita. Allo stesso modo il cambio di atteggiamento e di prospettiva fa crollare le certezze che riponiamo nel senso comune, una al contempo ci apre la possibilità di scegliere al meglio come vivere. Una scelta consapevole, nostra e non imposta dall'alto, frutto di un ragionamento, che ci autoidentifica.
Fare una scelta consapevole che ci permette di passare anche da una prospettiva puramente nortmativa a una in cui le regole sono rispettate perchè scelte e interiorizzate.
Ad esempio, in un locale pubblico è vietato fumare, ma chi rispetta il divieto lo fa perchè deve, altrimenti incorre in una sanzione, o perchè ha capito che tale regola ha un motivo di esistere? E' anche questo un cambiamento di atteggiamento che ci porta a vivere tale indicazione non come una costrizione, ma come una scelta consapevole, basata sul "la mia libertà termina dove inizia quella altrui, e viceversa".
Allo stesso modo, se all'interno di una comunità ci si è dati una regola, ragionandoci e motivandola, uscendo, cioè, dal senso comune, si sarà anche più propensi a rispettarla, e a fare in modo che sia rispettata. E così, se nella comunità di recupero vengono scoperti spinelli, non è la fine del mondo, il fallimento del processo di recupero del soggetto deviante. Venga sì erogata una sanzione, ma si passi, cambiando atteggiamento e prospettiva, da una logica puramente sanzionatoria a una di crescita, in cui vi sia spazio sia per la possibilità di cambiare nel senso che viene data la chance di dimostrare di dimostrare di poterlo fare, sia dando spazio alla riflessione per passare dalla prospettiva di "imposizione" a quella di "scelta ragionata".
Ancora una volta il cambio di atteggiamento sia verso il ragazzo da parte degli altri sia del ragazzo stesso nei confronti della regola, possono permettergli i cambiare vita, e di ricominciare da zero.