Enjoy the silence

[h6]Attenzione: post lungo, molto lungo, extra lungo. E allora? Leggetelo comunque, su. [/h6]
Agosto, pensieri e scazzi vari non vi conosco.
Alla ricerca di una serata da passare in compagnia di qualcuno, di una birra e di qualche progetto (il ponte!) da portare avanti, sento il Massimo e decidiamo di parlarci a quattr'occhi, che di fronte a una birra e faccia a faccia si parla meglio, ed è pure più piacevole.
Tra una blend 29 e una paulaner il discorso finisce inevitabilmente sulla scissione dell'associazione. Si, quel gruppo a cui sono sempre stato un pò collaterale, un pò perchè non mi va di prendere impegni che non sono certo di poter onorare, un pò perchè non mi ci sono mai inserito del tutto, è letteralmente esploso nel corso dell'ultimo anno, per quello che può essere definito nel più classico dei modi con l'espressione: per una serie di motivi.
E si che a guardarlo da fuori sembrava proprio unito. Negli interessi, nelle amicizie, nel piacere di stare insieme e condividere qualcosa. Uhmmmmm, questa cosa non mi è nuova… ma non divaghiamo.
Cerco di capirne il perchè, non mi accontento di "una serie di motivi".
Pare che sia entrato uno nuovo, uno con un forte appeal che ha calamitato a sè alcuni soci, quelli probabilmente più deboli. Mi viene descritto come uno un pò strano, geniale a volte, ma che genera in alcuni quel senso di deja-vu che ti mette in guardia. Mi viene anche detto che da quando lo hanno conosciuto, i soci che lo ammirano sembra siano diventati irriverenti, cattivi, e altri termini che è meglio evitare di ripetere. E che in contemporanea all'interno dell'associazione si è creata una crepa tra questo gruppetto interno e gli altri soci, che vengono messi sistematicamente da parte e odiati senza che ve ne sia alcun apparente motivo logico.

Il discorso ha catturato ormai la mia attenzione, e voglio approfondire.
Il problema secondo il Massimo è che si tace. Si preferisce il silenzio al dialogo, al chiarire le questioni. Probabilmente vi erano un pò di dissapori sopiti, che aleggiavano pronti a sferrare l'attacco nel momento preciso in cui il silenzio blocca i rapporti tra pari.
Aridaje, penso…

E qui insieme cerchiamo di capire come funzioni questo meccanismo. La teoria si divide in due rami, quello del non detto e quello del detto ad altri.
Silenzio è non dire, è non affrontare la questione, è non risolvere un problema che si crea tra due persone o tra due gruppi. Se non si risolve e si preferisce tacere il risultato è che ci si tiene il muso, e sotto la faccia silenziosa iniziano a farsi strada pensieri ruminanti su cosa stia pensando l'altro, esattamente come quando due gatti in amore si scontrano per la gatta di turno. Si scrutano, si studiano, senza attaccarsi, aspettando una mossa dall'avversario, perchè l'importante è evitare lo scontro, il farsi male, anche a costo di non muoversi per ore, e di non trombarsela nessuno dei due.
Il silenzio che se ne genera porta a un circolo vizioso che ingigantisce la questione, che dentro le solitarie teste delle persone prende dimensioni spropositate, e quello che inizialmente era un chicco di riso diventa infine una risaia delle dimensioni di una regione intera.
Poi vi è un secondo aspetto. Il fatto di tenersi dentro un rancore è difficilmente sopportabile, e porta la persona a voler parlare. Ma avendo scelto di non parlare al diretto interessato, parla ad altri, e ovviamente potendo questi sentire solo una campana, si attiva un meccanismo, quello dello sputtanamento. Tra l'altro poi, nella comunicazione, si tende a ingigantire o a omettere parti della questione, e alla lunga il telefono senza fili distorce il messaggio, ingigantendo ancor più la questione. Se a questo si aggiunge che poi spettegolare è lo sport più diffuso, il circolo vizioso si crea anche qui e il danno è bello che fatto.

Risultato: crisi del rapporto, creazione di gruppetti, faide interne, fino all'inevitabile big bang.

E pensare che era tutto evitabile. Si era partiti parlando del sesso degli angeli e si era arrivati a insultarsi. Si sarebbe potuto invece chiarirsi, invece di tenersi tutto dentro, parlare, andarci giù anche pesante, ma tutto sarebbe stato lecito se il fine fosse stato quello di risolvere il problema.

La sensazione di deja-vu è fortissima, e inizio a pormi delle domande…

Il silenzio deriva dalla vana speranza del quieto vivere? Perchè se si, i fatti dimostrano invece che è la soluzione più disadattiva possibile. Ammesso che per quieto vivere non si pensi alla vita solitaria da eremita. Se le questioni non vengono risolte, si finisce per isolarsi o essere isolati, e in entrambi i casi il risultato è lo stesso. Non mi sembra una grande soluzione.
L'ingresso di un nuovo membro può considerarsi la vera causa di crisi e scompiglio? Non credo sia la causa, sono d'accordo con un caro amico al riguardo. Piuttosto, è potenzialmente una con-causa, il classico mozzicone di sigaretta che fa esplodere un incendio spaventoso, se lasciato cadere in una zona infiammabile. Se il gruppo è saldo e ha valori, niente lo può turbare, se invece sta in piedi per miracolo, alla prima brezza del mattino fa la fine di un castello di carte.
E' più facile risolvere i problemi o fuggire? Beh, qui la risposta è semplice… Solo che la cosa più semplice spesso non è la migliore, con buona pace dei benpensanti e in barba al rasoio di Ockham.

Questo solo per riassumere i pensieri che sono nati ieri sera. In realtà queste cose le penso da molto tempo, questo probabilmente altro non è che un riassunto, avendo avuto l'occasione di confrontarmi anche se per caso con uno (un altro) che la pensa alla mia maniera, e di applicare il tutto a una situazione che, essendo esterna a me, posso vedere più oggettivamente di altre, sia locali che universitarie.
Per questo preferisco gente con cui si parla, ci si scanna casomai, ma si arriva a qualche punto di accordo, rispetto a gente con cui si sta ma non si parla, perchè si sa che se si toccano alcune questioni nasce la rissa. Perchè affinchè due o più persone possano condividere qualcosa, da un rapporto a un semplice interesse o progetto, è necessario che ognuna delle due parti sia in grado di mettere da parte una o più prerogative personali, in virtù di un obiettivo comune.
Non è un gioco a somma zero, ma piuttosto un caso di equilibrio di Nash.
Da "A Beautiful Mind": "dovremmo lasciar perdere tutti la bionda, e puntare invece subito alle sue amiche, è l'unico modo per vincere tutti, per avere tutti la nostra chiavata."
E allo stesso modo la comunicazione tra le persone dovrebbe essere chiara, precisa, senza lasciar adito a dubbi, a incertezze, ad ambiguità, a nessun forse, nessun se e nessun ma. Per quello è meglio spiegarsi sempre a voce, in un clima di rilassatezza e tranquillità, senza cento mosconi che ti girano intorno e nemmeno tramite messaggini o similia. Ma questo è un altro discorso, riguarda la mia tesi (e alcuni errori).
Per tutti questi motivi non demordo, dico ancora quello che penso e nonostante tutte le sberle che ho preso e che prenderò mi rimane la forza di sceglier le parole, per gioco o per il gusto di potermi sfogare, perchè che piaccia o no è capitato che sia quello che so fare.

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