“Una luce non brilla di per sé. Brilla se c’è qualcuno che la osserva.
E una persona non esiste se non c’è qualcuno che la riconosce come tale.”
Così scrivevo ormai più di sei mesi fa. E nemmeno immaginavo tutto quello che sarebbe accaduto, in quei momenti, nel tempo che sarebbe seguito.
Ricordo che il mio cruccio, allora, era quello di non essere riconosciuto per quello che ero. Di non essere minimamente visto nella realtà. Ma solo per preconcetti. Rendendomi infine conto che gran parte di quell’immagine avevo contribuito a crearla io, per difendermi dagli attacchi del mondo, dalle aggressioni.
Impedendo a chiunque di vedere ciò che c’era sotto la corazza. Dai pari, ai familiari. Poche le persone cui avevo iniziato a permettere di vedere il mio vero volto. Qualche amico di sempre, e qualche compagno di scuola.
Davvero difficile, uno sforzo sovrumano per me, quello di fidarsi.
Ancora non so se sia stato questo sforzo sovrumano, se c’entri in qualche modo l’essermi accorto che ero io che mi nascondevo al mondo, o che diavolo sia stato. Ma poco dopo aver scritto quelle parole, mi ritrovai a provare delle sensazioni terribili, sensazioni che già avevo sperimentato. Molti e molti anni prima. Il fiato che manca, il cuore che parte all’impazzata, la sensazione che i pensieri nella testa corrano e di non poterne gestire il flusso, lo svegliarsi nel cuore della notte con la sensazione di essere all’inferno.
Sapevo cos’era. Lo avevo già provato. Affrontato, e vinto. Ma non volevo doverlo affrontare di nuovo. Non di nuovo. Pensavo: e tutte le conquiste che ho fatto in questi anni, tutta questa seconda vita, come fa a essere stato tutto vano, come è possibile che finisca tutto di nuovo? Non ho forse imparato, non ho forse capito come gestire il tutto, perchè devo affrontarlo di nuovo, perchè, e perchè devo ricominciare tutto di nuovo?
Alla fine l’ho guardato in faccia, il mio sentirmi così. L’ho accettato. E mi sono detto, ok se devo per forza, facciamolo. Ricominciamo di nuovo. L’ho fatto una volta, posso farlo ancora.
Giorgio, Serena, siete stati straordinari nel tenermi la mano mentre attraversavo una seconda volta quella soglia, conscio che ce l’avrei fatta, anche se non sarebbe stato facile. E mi son sentito rinascere, una terza volta, per riscoprire tutto ciò che c’era di vero, e tutto ciò che avevo lasciato indietro. E che in quel momento ho riscoperto essere l’ossigeno che bramavo e non trovavo.
La famiglia. E soprattutto mio padre. Rivedere in lui la mia stessa sensibilità, la mia stessa fragilità, condividerla e farne un valore. Senza parole, perchè le parole non escono quando si affrontano temi come questi. C’è solo il calore, e la sensazione di aver ritrovato qualcosa la cui importanza è inestimabile. Lui, un figlio. Io, un padre. Condividere la passione per le montagne, e riscoprire che si può camminare assieme, senza dover temere di non essere all’altezza, senza temere di aver qualche momento in cui bisogna sopportarsi, e gioire quando si arriva in cima, assieme sul tetto del mondo.
Alla fine apri te stesso, e ti mostri per quello che sei. Perché ormai hai capito che sei questo, e apparire diverso per difendersi a nulla serve se non a farsi male, se non a restare soli. Come si teme. Esattamente quello che era il mio timore più grande.
E poi…
E poi ho incontrato te.
Sai, quando ti dico che ti ho scelto, è proprio questo che intendo. Ho scelto di non avere più paura, di non dover temere di essere me stesso, di permettermi di avere una donna a fianco a me, di amare, di essere amato, di vivere.
E tutto questo perché sei tu. Perché mai mi son lasciato andare così, senza timore e senza aver paura del futuro, anzi permettendomi di pensarci, di progettarlo, e di condividere il mio tempo, il mio spazio, il mio mondo. Perché quel che è stato è stato. Ora, il futuro è nostro, e possiamo davvero costruircelo.
E questo è tutto davvero nuovo per me. Per la prima volta non ci sono più mostri sotto il letto, ma scale verso l’infinito. E sorrido, e mi si inumidiscono gli occhi, mentre scrivo e cerco al contempo di trovare le parole, senza riuscirci temo, perché non è facile far diventare caratteri dei sentimenti che sento essere qualcosa di inestimabile.
“In realtà in qualcosa mi hai cambiato… mi hai reso felice.”
Felice come mai prima d’ora.
Sento che il mantra di tutta una vita, il condividere qualcosa, ora è presente in questa vita. Il tema di tutti gli ultimi anni, il tres d’union tra la scorsa e questa terza vita, che non mi aspettavo, e che soprattutto non avrei mai pensato potesse essere così meravigliosa. E avere obiettivi condivisi, poter progettare assieme, senza che l’uno sovrasti l’altro, camminando assieme mano nella mano. Verso l’infinito.
Ti amo.