La settimana più corta

La settimana più corta della mia vita. O almeno, quella che è trascorsa più velocemente.

Iniziamo dalle cose importanti: ho finito gli esami!
Lunedi mattina si inizia a ritrovarsi a padova, tutti lanciati per affrontare questo maledetto esame di neuropsichiatria. Un esame che di psicologia non ha proprio niente, pare una specializzazione di medicina.
Scene di isteria collettiva: in duecento fuori dall'aula, che cantiamo di tutto, storpiamo canzoni mettendoci dentro termini dell'esame, gente con gli occhi fuori dalle orbite che prega, altri che cazzeggiano nervosissimi. Un delirio. Entro col primo turno.
E ne esco stravolto. Metà delle domande conteneva parole mai sentite.
Esco fumando in terrazzo, incazzato nero, avrei ucciso qualcuno se l'avessi avuto a tiro. Fortunatamente il buonsenso mi portava a isolarmi dal resto del mondo.
Ma prima di uscire un amico mi aveva detto di tenere il telefono acceso. E dopo due minuti un laconico messaggio "direi che ho sete" dichiarava che l'avevo superato e che avevo finito gli esami!! yuhuuuuuuuu!!
Venti minuti dopo la prof ufficializzava un 20, più che sufficente per mantenere la media e il voto di laurea fermi al loro posto. E a quel punto…

A quel punto non riuscivo a rendermene conto. E finchè intorno le scene di isteria collettiva continuavano imperterrite, con lorenzo che lanciava lo zaino contro la parete dell'aula di fronte, uno che bestemmiava che non l'aveva passato in faccia alla prof, un'altra che invocava malamente la madonna, io non mi rendevo conto di quello che stava succedendo. Avevo passato neuropsichiatria, avevo finito gli esami…
…e sembrava ieri che avevo iniziato questo viaggio. E volge già al termine.

Il giorno dopo.
A casa di un'amica, per sistemarle due cose, e star bene. Troppo bene.
Pensare. Troppo… Maledizione…
La frase di marialuisa che mi riecheggia nella mente: "il germoglio appena spuntato, che sta aspettando che tu lo noti". E me ne sono accorto si, ma sono stato talmente scottato qualche mese fa che ho paura di coltivarlo, questo germoglio… forse la ferita è ancora fresca.
Mi prendo due giorni. A lavorare al mio nuovo stereo, a cercare di tenere la mente occupata. A far festa, che mercoledì sera ero letteralmente devastato… e niente. Non ci riesco, a fare quello che consiglia vasco, "spegnere ogni tanto il pensiero". E anche venerdi sera, uscire e cercare di non pensare troppo, che se penso troppo a lei finisce che già lo so, mi prende subito di brutto e rischio di rimanere nuovamente scottato alla grande. Meglio restare nel limbo forse, almeno per ora.

Vado a letto. E l'incubo inizia. Cinque ore di sonno, e incubi uno dietro l'altro.
Sabato in fiera, mettere nuovamente di fronte la mia vita qui e la mia vita a Padova. E vado a letto la sera, a pezzi e scottato in faccia e sulla capoccia.
E non appena poggio la testa sul cuscino iniziano i pensieri. Chiari e limpidi, stavolta.

Dov'ero sei mesi fa? Cosa pensavo sei mesi fa?
Convinto che la vita qui non avesse nulla di offrirmi, lanciato nella convivenza in appartamento, con la vita che mi illudeva e sembrava mi sorridesse e che invece non faceva altro che esibire un ghigno satanico verso tutti i miei vissuti, le speranze e i sogni. Come già sapesse, che sei mesi dopo mi sarei trovato nuovamente bloccato a metà strada, senza la possibilità di riuscire a prendere una decisione, e impantanato in una storia che può essere e che non ho la forza di concretizzare.
Non è colpa di nessuno. E' colpa mia.
Ho già fatto un disastro, non voglio rischiare di combinarne un'altro. Ho già fatto soffrire una persona, e solo perchè le ho chiesto troppo tempo. Non voglio essere uno stronzo, ma neanche bruciare le possibilità di essere felice accanto a lei.

Mi scrive, mi cerca. E io certe volte esco di casa sperando di non incontrarla, anche se lo vorrei.
Balzo su ad ogni messaggio. E poi mi scrive giusto quando la sto pensando.
Bevo per non pensare. E diventerei astemio, smetterei di fumare, farei una maratona, se servisse a qualcosa.
Esagero? beh forse si. Provo davvero qualcosa? Credo la risposta sia la stessa.

Preferirei star male io piuttosto di far soffrire una persona cara. E tu vali di più di quel che pensi per me. Lo so, dovrei smetterla di fare il supereroe anche quando non sono in servizio, ma è più forte di me, non riesco…
Gli ultimi mesi sono stati oggettivamente un gran casino, ma se tornassi indietro rifarei tutte le stesse scelte. Non ho rimorsi, ho fatto quello che ho desiderato, mantenendo sempre fede ai miei valori, e mettendo gli altri davanti a ogni prerogativa personale. E davanti al rischio di essere talvolta un personaggio negativo, preferisco non recitare in questa storia e fare da spettatore.
E anche se ora mi ritrovo qui, che tra cinque minuti devo nuovamente uscire, e vedremo per che destinazione, non me ne vergogno e so che non avrei alternative, conoscendomi.
Voglio cambiare, non ne posso più. Voglio liberarmi di questa sindrome del supereroe.

————————————————-
Almeno le idee sul mio futuro non sono così confuse. Futuro professionale, intendo.
Quando ti rendi conto che riesci ad ascoltare un perfetto sconosciuto, che non riesce a venir fuori da un pantano e ha le ruote che girano a vuoto, solo perchè non sa come uscirne da solo.. e riesci a dargli la spinta giusta, le poche parole giuste al momento giusto, per fargli tirar fuori quello che ha dentro e che non avrebbe mai voluto tirar fuori, e che poi ti ringrazia, perchè forse ha trovato, in quei dieci minuti, la chiave per aprire la porta e tornare a sorridere…
Non puoi non considerarti fortunato, ad avere un minimo di capacità e aver avuto la possibilità di intraprendere questa strada. Anche se spesso è facile risolvere i problemi degli altri, trovare la combinazione per aprire la cassaforte dove si rinchiudono per non affrontare le questioni della vita, quando invece risolvere i propri, di guai, è dannatamente più difficile.
E ogni volta che riesci a fare del bene con le tue parole, capisci che è questa la tua strada.

Lascia un commento