Quello che non si dovrebbe dire…

E siamo giunti a delle conclusioni.
Certo, non posso dire di essere completamente soddisfatto, avendo la "sindrome del supereroe", che tenderebbe sempre a superare i suoi umani limiti per aiutare… Ma conoscere, e comprendere, i meccanismi che si innescano in certe situazioni, può aiutare a prevenirne la formazione, pur rimanendo nell'indeterminatezza che non posso escludere che accada comunque.

La relazione autentica è quella basata sull'amore, non sull'amore passionale dei due amanti, ma su quello, più difficile da dire a parole, caratterizzato da un sentimento di condivisione reciproca, spontanea e che non ha alcun secondo fine. E' interessata, ma alla persona, non a catturarla ma al suo bene in modo autentico.
L'esatto contrario è l'amore del potere, che si caratterizza per alcuni atteggiamenti comuni nella vita di tutti i giorni, in molteplici fronti. Dall'impressionare, quel modo di fare tipico di chi si vuole imporre dicendo "lei non sa chi sono io", o delle suore che prendono per le orecchie gli alunni per dimostrare chi ha il controllo sulla situazione. Al modo subdolo di suggestione, ben espresso dalla pubblicità, o dal conferenziere che si fa adorare facendo leva sui bisogni degli altri e sulle loro debolezze per conquistarli.
Ancora, il far leva sulla responsabilità, o sui sensi di colpa, così da obbligarti a marciare in una data direzione per non deludere gli altri ma ancora prima te stesso, e infine il prendere per la fama, cosa che mi succede regolarmente quando mi trovo in compagnia di amici che si aspettano che, come tecnico o come psicologo, io dica la mia. Può essere piacevole essere al centro dell'attenzione per qualche minuto, ma essere confinati in quel ruolo totalizzante è una prigione, è la cella del mio carcere: non sono solo un tecnico, non sono solo uno studente di psicologia, sono prima di tutto io.

E' quell'io che nella relazione non autentica non ha spazio.
C'è solo una persona, chi fa i giochi, e chi li subisce e non può esprimere la propria totalità.
Nell'amore del potere non ci sono altri movimenti che non siano il prendere, l'afferrare, il conquistare, il tendere trappole, l'aggredire, il nascondersi e il morire.
Non a caso, parole che vengono da un linguaggio tipico della guerra.

Torniamo all'apoteosi della morte, cioè all'allumiere.
Quella persona che è uscita così chiaramente non solo dalla presentazione, ma dai racconti di tanti altri amici, di colleghi studenti, di membri dell'associazione.
Come opera? Come riesce a perseguire con così tanta metodicità il suo piano di morte e distruzione?

Messaggio promozionale: spero che queste righe servano a qualcosa per capire il meccanismo, e non a qualche aspirante narciso per fare danni!

La prima cosa da fare è isolare. Radere al suolo la rete di relazioni della sua vittima, rimanendo così l'unico appiglio a cui questa potrà aggrapparsi nel momento in cui rimane da sola. E' meglio avere una relazione col proprio carnefice, che non averne nemmeno una. E' meglio essere male accompagnati, che soli. Non è una contraddizione: chi riuscirebbe davvero a essere solo?
E per farlo, ci si affida al proprio potere, che spesso viene guadagnato a discapito degli altri svalutandoli. L'allumiere è un timidone, una persona piccola e insignificante: l'unica maniera per lui per acquisire considerazione è a scapito degli altri, così li si riduce a nullità e ovviamente anche se piccoli se ne esce vincitori.

Poi bisogna mandare in crisi l'altro. E come? La crisi è data dall'ambivalenza di sentimenti. Quella modalità ben riassunta nella canzone Teorema, cioè cerca di essere un tenero amante ma fuori dal letto nessuna pietà. Prima ti ama, poi ti allontana, ti fa piangere e ti fa innamorare, in un circolo senza fine che fa sviluppare una aspettativa irrisolta verso questa enigmatica persona. Al quale infine ci si ritrova legati in un abbraccio mortale.

Ma non solo. L'altro va invischiato, facendo leva sui suoi bisogni, e una volta messo nel mirino questi suoi talloni d'Achile, è li che va bombardato di amore. Chi può resistere a una tale strategia? Arriva al momento giusto, al posto giusto, ti conosce da sempre, sa quali sono i tuoi problemi, vuole risolverteli… Ma non condividono mai qualcosa con l'altro. Lasciarsi coinvolgere davvero è pericoloso, li esporrebbe a un rischio! In questo, la totale mancanza di empatia li protegge.
E si crea una dipendenza. Dipendi, ormai, da lui. Ma il vero essere nell'amore non comporta mai una dipendenza, ma piuttosto il sentimento di una libertà assoluta.

La conquista è ormai assicurata. Anzi, è già riuscita.

E poi? E poi si lascia. E' sempre lui a lasciare, per apparire il più forte non solo verso gli altri, ma soprattutto nei confronti di sè stesso. E quando lascia, cerca di fare del male, perchè si nutre di sofferenza. Ne ha bisogno, per lui la sofferenza dell'altro è la vera prova d'amore. A questo punto era meglio il casanova che considerava una scopata la dimostrazione di autenticità di amore… Questo è infinitamente peggio. L'altro non solo ha ormai donato sè stesso fisicamente, ma anche nella sua interezza. E' svuotato, non esiste praticamente più.
Ecco che il vampiro ha prosciugato la sua vittima.

Mi impressionano le persone che cercano disperatamente di mettersi in mostra, chi si circonda di discepoli da mattina a sera, certi professori che vedi seguiti da una schiera di fedeli servitori pronti a rollargli la sigaretta (per non dire leccare il culo), e chi aprofitta del momento di difficoltà di una persona per conquistarla colludendo con la sua versione dei fatti riuscendo ad arrampicarsi sugli specchi come spiderman. Con l'unico obiettivo di sfruttarli per un proprio fine e casomai di mangiarseli vivi.

Che appaiono al posto giusto al momento giusto. Quasi come se lo sapessero. Forse se la sono studiata bene…

E mi fa altrettanta impressione chi cerca questi personaggi come se fossero il messia, e una volta individuati si lascia abbindolare, conquistare e devastare senza la minima autonomia e capacità decisionale.
Si riducono a primati in balìa di un domatore.
Ma, forse, capita a tutti almeno una volta nella vita di cascarci come peri… è successo pure a me, e non è che ora che penso queste cose io mi senta al sicuro!

Non credo che ci sia un vaccino, tanto meno che ci possa essere un "efficace programma di prevenzione".
Ci resta solo la nostra umanità. Ma forse è proprio questa, nella sua autenticità, che può far in modo che certi vampiri non possano trascinarci in una guerra il cui destino è già scritto.
Abbiamo l'arma più potente. Per non usare il termine che ho usato per tutta la pagina, se ne possono usare tre. Dialogo, reciprocità, relazione. Non lasciarsi isolare. E l'intuito… la cosiddetta "lampadina rossa" di allarme che, almeno a me, si accende quando rischio in incasinarmi in situazioni simili.
Ma forse i figli dei fiori l'avevano capito prima di noi… senza letteralizzare (altrimenti tutti ci vedono malizia e sesso!), "vivete l'amore, e non la guerra"

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