Camminare sul velluto

Se ripenso a una, due settimane fa, a come ero teso per l'esame di psicofarmacologia e per la situazione familiare che è sempre sull'orlo della crisi di nervi… sono un'altra persona.
Sarà la tensione che è scesa, il fatto che posso permettermi di dosare a piacimento la velocità di pensiero senza dover sottostare a regole e ritmi della società frenetica. Ma riesco ad ascoltare il silenzio e a gustare la calma e l'immobilità, senza esserne sopraffatto. Come in una meditazione: mente vuota.

Notte tra martedì e mercoledi, giusto prima della partenza. Sognare una cosa così dolce, semplice, e talmente definita da non essere distinguibile facilmente dalla realtà o da un ricordo sereno. Ti svegli, e ti sembra di essere in un altro pianeta. E di non aver bisogno di analizzare il sogno per capire cosa vuol dire, da tanto chiaro e semplice è. Un sogno così dà davvero un senso a tutto.

Si parte. Destinazione Cavalese, un pò con l'angoscia del: ma cosa farò questi tre giorni che mi aspettano? Sai che palle, sopportare mio papà H24, che parla solo di calcio e di montagna. Non è una gita di piacere, questo si sapeva, ma mi pesava davvero essere lì, nonostante avessi dato io per primo la mia disponibilità, senza che mi fosse chiesta nè imposta.
Davanti a una pizza la nebbia di perplessità e fastidio inizia già a diradarsi. Si parla della "questione nonna", in fondo anche lui la pensa esattamente come me. Solo non prende iniziative, sbotta e basta. Non si espone, come da suo stile. Ma che la situazione è insostenibile, e non solo per noi due, lo percepisce chiaramente.
Riprovo sensazioni che ho sentito verso qualche amico in cui ho trovato un valido alleato in questioni anche totalmente diverse. E improvvisamente riesco ad apprezzare la sua compagnia, la sua vicinanza, e a considerarmi suo figlio, finalmente. Mi chiedo: ma è possibile che si debba arrivare a un intervento chirurgico per sintonizzarsi con una persona con la quale vivi e alla quale sei comunque legato? In questo si, mi deludo un pò.

Ospedale. Iter preoperatorio di sei ore, lungo, noioso, ma sicuramente meno pesante di quanto avrebbe dovuto sopportare in un altro paese più grande. Qui è tutto l'opposto dei reparti di altri ospedali di città, nei quali i ritmi sono frenetici, i medici sono di corsa, non ti cagano di striscio e per loro sei un numero, da dimettere il prima possibile.
E' tutto più calmo, non si respira fretta, anzi ti senti a tuo agio. Sempre che non sei finito in ospedale per andare sotto i ferri…

Val Duron. Neve, e silenzio. Solo il respiro e i propri passi.
Si sale, per quel sentiero che ho percorso credo centinaia di volte in questi ultimi vent'anni o più, senza il frastuono delle jeep che vanno avanti e indietro, senza lo starnazzare dei vacanzieri che credono di essere a Ibiza. Riesci a sentire il battito del tuo cuore distintamente, e il fiatone.
Si sale, la strada è una tavola di ghiaccio con un sottile strato di neve sopra. La sensazione è quella di camminare sul velluto.
Senza la fretta di arrivare alla meta, gustandosi poco alla volta il viaggio. Ricordo quella frase: non è importante dove stai andando, quanto quello che provi mentre corri. In questo caso, cammini. Si prova pace, tranquillità. Si riesce ad apprezzare il silenzio, l'essere quasi in completa solitudine, la quiete. Fino a qualche ora prima tutte quelle condizioni e situazioni erano quasi insopportabili. Poi ti domandi come facevi a non lasciartici avvolgere, come dalla neve, che dolcemente accarezza la pelle come un manto di velluto.

E quando vai a dormire, rilassato e senza pensieri, c'è spazio per il sogno. Il sogno vero e proprio, nel senso di obiettivo, di destinazione.
Un pò confuso e mischiato, devo dire, ma in fin dei conti abbastanza semplice e chiaro. Quando ti svegli poi con la sensazione di rilassatezza, di serenità… hai sognato forse quello che proprio desideri, da te stesso e dal mondo che ti circonda, del quale sei attore e coautore.
Circondato dagli amici, condividere con loro tutto quello che sei, nel ruolo che ti sei scelto e che hanno accettato. Sentirsi parte di una comunità nel senso più globale del termine, riuscendo a cantare anche quelle canzoni che ti son sempre piaciute e che ti sono state strappate di dosso da qualche mentecatto.
Una sessione di psicodramma con le persone che contano di più, nella tua comunità – anche se non parrocchiale come nel sogno… che in effetti dalla fede "classica" ci son parecchio distante – di nuovo nei miei abiti, nei miei ruoli.
Già. Le cose stanno andando al loro posto… per la felicità di chi ora può di nuovo respirare e vivere, e con buona pace di chi si nutriva letteralmente dei propri simili, cannibalizzandone ogni aspetto.

Certi sogni non hanno bisogno di interpretazione. Casomai della determinazione al realizzarli.
Ho visto cosa può farmi sentire realizzato, cosa può rendermi felice. Oltretutto, questo coincide con la felicità e la serenità degli altri, delle persone che per me contano di più.
Ma se camminassi da solo, questi sarebbero restati solo dei sogni, vaghi, e nient'altro.
Invece, come in quella salita per la valle, silenziosamente… sono arrivato infine al rifugio. Che non è un punto di arrivo, ma una tappa di avvicinamento, inizio del cammino vero e proprio. Ora che mi son ripreso il mio posto, posso andare avanti a renderlo realtà, quel sogno. E il mio sogno è letteralmente quello che ho sognato… il mettersi a disposizione, a servizio degli altri. Come fino a qualche mese fa in una realtà difficile come quella aquilana, anche qui, nel mio piccolo.
Senza il bisogno di sentirsi un eroe. Lo siamo tutti, eroi, se viviamo la vita per gli altri.

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