Emergenza

Quante situazioni si possono definire di "emergenza".
Un'alluvione, un terremoto, una tromba d'aria, che lasciano senza casa decine o centinaia o migliaia di persone. Oppure situazioni molto più vicine a tutti, come un lutto, un incidente, una relazione che finisce male.
Certo, alcune sono oggettivamente più gravi e importanti, trovarsi senza un tetto è una delle cose peggiori possa capitare. Ma anche una situazione affettivamente difficile non è meno rilevante. Anche se sicuramente non paragonabile.
E quando l'emergenza chiama, viene spontaneo rispondere. Agire, in modo tempestivo.
Mi viene in mente quel cartello sulla porta del prof, che indica che invece nelle situazioni in cui ti mettono fretta, la miglior cosa da fare sia non far nulla. Forse in alcune situazioni è così, ma in altre no.

In Abruzzo no. Devi agire, e di corsa, che se aspetti un pò non si risollevano più.
Dall'Abruzzo son tornato da una settimana e mezza. Ed è durata veramente poco, troppo poco. Queste esperienze ti lasciano dentro mille cose, ti fanno apprezzare tutto quello che riteniamo ovvio, ti insegnano cosa vuol dire fare parte di un gruppo e dare l'anima per gli altri.
Queste le cose belle.
Avevo scritto molto durante e dopo la mia permanenza al COM4, ma era davvero troppo. Ed emotivamente troppo pesante. Cito solo una situazione…
Un vecchio, con più di 80 anni, sul ciglio di una strada osserva la sua casa.
Ma la sua casa non c'è più.
In lacrime, continua a ripetere: "E io, alla mia età, dopo aver perso tutto questo, dovrei rimboccarmi le maniche e ricominciare?…"

Situazioni come queste ti fanno capire che tutti i tuoi problemi sono cazzate di fronte a realtà come queste.
Torni a casa che non sei più lo stesso. Non puoi più essere la stessa persona di prima.
Forse farebbe davvero bene a molti coetanei fare una settimana almeno di servizio per gli Aquilani. Forse capirebbero cosa conta sul serio e quanto si può dare per gli altri.

In altre forse è meglio non agire. Perchè forse se aiuti troppo ci si abitua alla pappa pronta e non si impara a reagire alla vita. Oppure perchè ti spingi oltre quello che dovresti per aiutare qualcuno, invadendone troppo la sfera personale, col risultato di allontanare la persona a cui cercavi invece di dare una mano.
Molte persone mi hanno aiutato in passato. Qualcuna pure troppo. Forse bisogna prendere la propria dose di mazzate per capire le cose, forse bisogna andare a sbattere, ripetutamente, contro i vari muri che costeggiano il percorso della vita. Se non mi avessero protetto troppo, forse sarei più forte ora. Se non avessi protetto troppo, forse degli amici sarebbero più forti.
Certo, è un "forse". Ma sempre di più credo che in queste situazioni "la risposta migliore sia non far nulla".

L'ago della bilancia? La gravità oggettiva delle situazioni di emergenza.
Porsi come osservatore esterno e cercare di valutare il più oggettivamente possibile, anche con l'aiuto degli altri le situazioni, prima di intraprendere qualsiasi azione.
Altrimenti è come la scena iniziale de "gli incredibili". Il mancato suicida che denuncia l'eroe per averlo salvato, perchè lui voleva morire sul serio. E il protagonista a cui viene interdetto il suo ruolo, solo perchè ha osato troppo.
Ma è davvero difficile, quando vedi ingiustizie e difficoltà, non intervenire. E non ci dormi la notte.

In ogni caso, tra un paio di settimane mi laureo. Tesi completa, domani in stampa, e spero che la discussione vada bene. In bocca al lupo ai papiristi per il mio sputtanamento (eggià, stavolta tocca a me!). E a me stesso, per arrivare al massimo dei voti.
E poi si riparte, L'Aquila, e poi Gracanica in Bosnia.

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